Circa 2500 persone con dolore cronico hanno descritto nel rapporto “The Painful Truth” l’impatto del dolore sulla loro vita, esprimendo il proprio parere sulle cure ricevute e indicando dei suggerimenti per migliorare il funzionamento dei centri di terapia del dolore. Si tratta del primo studio di questo tipo condotto nell’Irlanda del Nord. Già dai dati raccolti dall’associazione Pain Alliance of Northern Ireland si sapeva che un nord irlandese su cinque soffre di dolore cronico (circa 400.000 persone in totale), ma questo rapporto offre uno spaccato ancora più preciso sulla situazione.
Tutto è iniziato qualche anno fa, quando alcuni pazienti con dolore che si sentivano trascurati e isolati hanno cominciato a segnalare il loro problema al Patient and Client Council (associazione in difesa dei diritti dei malati), esprimendo una forte necessità e desiderio di far conoscere la propria storia.
Il rapporto non raccoglie solo le storie singole, ma è stato costruito seguendo una metodologia di lavoro che ha coinvolto la collaborazione di consulenti esterni, medici, infermieri, farmacisti.
Per la raccolta dei dati si sono basati su interviste (online e con questionari cartacei), focus group e su di un numero molto ristretto di interviste più approfondite. I questionari raccolti sono stati 2.459. La tipologia di domande prevedeva anche domande aperte, per dare la possibilità ai pazienti di descrivere liberamente la loro esperienza. I questionari compilati sono risultati molto ricchi di informazioni e di racconti. I pazienti hanno identificato abbastanza chiaramente i punti chiave e i punti critici dell’assistenza sanitaria.
Sessantuno pazienti con sono stati organizzati in focus group (in particolare pazienti con fibromialgia e artrite). Cinque sono stati intervistati in modo più approfondito, a tu per tu con un ricercatore.
Sulla base dell’analisi delle risposte e delle storie personali sono stati identificati gli aspetti cruciali rimarcati dai pazienti: diagnosi corretta, informazione, trattamento e cura, impatto sulla vita quotidiana, migliorie future dell’assistenza. Alcuni hanno raccontato di aver consultato per anni molti medici prima di arrivare a una diagnosi, diagnosi che li aiutasse a capire il perché del dolore, a curarlo, a far accettare anche la convivenza con esso, se adeguatemente seguiti e curati.
Il dolore è un male invisibile e spesso il dramma dei pazienti è quello di non essere ascoltati, di sentirsi abbandonati con il proprio problema, con forti sentimenti di frustrazione e rischio depressione.
L’attesa è uno dei problemi: tempi lunghi di attesa prima di poter consultare uno specialista, prima di poter eseguire gli esami necessari.
Molti hanno espresso il desiderio di ricevere più supporto nella gestione della cronicità del dolore, lamentando la preparazione degli specialisti, che non si è rivelata adeguata nell’individuare un efficace trattamento, e la scarsa capacità di ascolto e di empatia talvolta riscontrata. Qualcuno ha raccontato di aver avuto la netta sensazione di non essere creduto dal medico. Molti intervistati hanno dichiarato di non sentirsi adeguatamente sostenuti nel percorso, non breve, che devono intraprendere per acquisire una migliore qualità di vita, e la gestione del dolore cronico prevede spesso tempi lunghi di cura.
Come è noto, il dolore è un’esperienza molto individuale, la cura che funziona in un paziente non funziona in un altro. Il sogno dei pazienti intervistati è quindi quello di un servizio di cura coordinato, co un approccio olistico, che offra cure farmacologiche, supporto fisico ed emotivo: “un servizio che ascolta, agisce e si prende cura”.
Il rapporto conclude con varie raccomandazioni, tra cui il riconoscimento da parte del servizio sanitario nord irlandese del dolore come malattia a sé stante e la creazione di una rete di centri di terapia del dolore: una legge 38 anche per il Nord Irlanda. (Lorenza Saini)