Resterà aperta fino al 12 marzo 2023 la mostra su “Bosch e un altro Rinascimento”, allestita al Palazzo Reale di Milano, dove sono esposti alcuni capolavori di Jhieronymus Bosch e un centinaio di opere, derivate da suoi soggetti, opere che non sono mai state esposte insieme in un’unica mostra: dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, anche una trentina di oggetti rari e preziosi provenienti da wunderkammern. Le opere di Bosch esposte provengono da Madrid, da Lisbona, dalla galleria degli Uffizi, due delle opere rientreranno presso le loro sedi già il 12 febbraio.
La mostra è promossa da: Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco e realizzata da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE con il sostegno di Gruppo Unipol, sponsor principale del progetto.
Tre i curatori: Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid e già direttore del Museo del Prado e Claudio Salsi, direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell’incisione presso l’Università Cattolica di Milano.
Tesi della mostra è che la fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre, dove l’artista era nato, ma in Europa meridionale, precisamente nella Spagna e nell’Italia del Cinquecento. Proprio in Italia, dove peraltro dominava il classicismo rinascimentale, il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti della mostra, troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive, anche a distanza di secoli.
Le opere illustrano il grande successo del linguaggio artistico di Jheronimus Bosch nell’Europa meridionale e oltre oceano, nel periodo compreso tra il Cinquecento e gli inizi del Seicento, con particolare riferimento alle tendenze del collezionismo dell’epoca, soprattutto in Italia e in Spagna. A Venezia l’unicità espressiva di Bosch venne prontamente colta da uno dei maggiori collezionisti del tempo, il letterato e cardinale Domenico Grimani. È grazie al suo gusto lungimirante e alla collezione Grimani, custodita nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, se oggi in Italia possiamo vantare ben tre opere di Bosch, tra le quali il Trittico degli Eremiti, ora esposto nelle sale di Palazzo Reale. In Spagna, dal XVI secolo fino ad oggi si trova la gran parte delle opere principali di Bosch, fra il Museo del Prado e il Monastero dell’Escorial.
Anche Pieter Bruegel il Vecchio (il più importante seguace di Bosch) è presente in mostra con una decina di incisioni derivate da sue composizioni. Le incisioni contribuirono in maniera decisiva alla diffusione del gusto per le immagini di incendi notturni, scene di stregoneria, visioni oniriche e magiche.
Sogno, incubo, magia, demoni
Per Bosch si è parlato di “demoniaco nell’arte, con risonanze quasi eretiche, richiami al mondo dell’inconscio, dell’alchimia, con anticipazioni del surrealismo. Antonin Artaud lo cita come uno degli artisti che ha saputo rivelare il lato oscuro della psiche. Il terrificante e il diabolico erano entrati vividamente nel mondo cristiano con l’Apocalisse di San Giovanni. Antico e Nuovo Testamento avevano citato ampiamente il diavolo, ma “attraverso le azioni che compie o gli effetti che produce… mai con l’evidenza “somatica” con cui lo rappresenta il Medioevo (Umberto Eco, capitolo dedicato a “L’Apocalisse, l’inferno e il diavolo” della sua “Storia della bruttezza”, Milano: 2007, Bompiani)”. A differenza delle precedenti rappresentazioni infernali i dipinti da Bosch hanno una propria originalità, non riprendono l’iconografia classica precedente, sono creature tra il fantastico, il demoniaco, con tratti ironici e quasi divertiti. E non si può dimenticare che Bosch era membro della Confraternita di Nostra Diletta Signora. Fondata nel 1318 la Confraternita riuniva uomini e donne, laici e religiosi, dediti al culto della Vergine ed era molto vicina ai Fratelli e Sorelle della Vita Comune, un’altra confraternita che ebbe un ruolo centrale nello sviluppo dell’umanesimo nelle Fiandre. Come spiegano i curatori della mostra: “la magia e il sogno, con la loro natura imprevedibile e non dominata dalla razionalità, sembrano l’esito di una visione ‘in trasparenza’ della realtà quotidiana, che mette a nudo le inquietudini, le ossessioni e la natura contraddittoria dell’uomo e della società: un clima culturale che troviamo ampiamente diffuso alla vigilia di quelle svolte epocali che sarebbero state la Riforma prima e la Controriforma poi. Queste categorie figurative sono anche l’occasione per indagare le profondità del mondo interiore e le sue incongruenze e renderle oggetto di riflessioni apprezzate presso ambienti colti e curiosi e tra un pubblico non estraneo a propositi marcatamente morali.
Le composizioni religiose e profane di Bosch sono anche dominate dal concetto di complessità del reale che, nella sua estremizzazione si popola di figure scomposte, di situazioni paradossali e illogiche, di esseri destrutturati, mostruosi e crudeli, ma anche di figure purissime di giovani ignudi che popolano la terra senza pudori: insomma un mondo capovolto. In questo universo la tentazione e l’errore sono sempre in agguato, pronti a rovinare l’uomo. L’uomo del Cinquecento era consapevole che le opere d’arte portavano messaggi simbolici che andavano interpretati in senso educativo e formativo. (LS, 5 gennaio 2023)
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