Davide Bartoli è infermiere di rianimazione presso l’AOU Sant’Andrea di Roma. L’articolo premiato è stato pubblicato sull’European Journal of Cardiovascular Nursing e si intitola: Stroke disease-specific quality of life trajectories and their associations with caregivers’ anxiety, depression, and burden in stroke population: a longitudinal, multicentre study; è stato scritto in collaborazione con Agostino Brugnera, Andrea Grego, Rosaria Alvaro, Ercole Vellone, Gianluca Pucciarelli.
Vincenzo Damico lo ha intervistato per conoscere il suo percorso di studio e di ricerca e la sua esperienza professionale.
Innanzitutto congratulazioni per il premio che hai ricevuto dall’American Heart Association . Che risalto pensi possa aver dato a te personalmente e alla comunità scientifica infermieristica Italiana il premio assegnatoti dell’American Heart Association?
Penso che il mio premio sia più uno stimolo che un premio. È un riconoscimento per un gruppo ampio di colleghi, che va da Gianluca Pucciarelli, Ercole Vellone, Francesco Petrosino, Francesca Trotta e tanti altri. Non si lavora mai da soli.
Credo che l’Italia debba conoscere appunto quanto e quanta forza c’è nell’infermieristica e quanto importante sia la ricerca infermieristica. Non vorrei mai che rimanesse una cosa circostanziale. È stato vinto il premio da Davide Bartoli? No, è stato vinto un premio da un gruppo di ricerca infermieristico ed inoltre è stato fondamentale l’aiuto di tutte le figure che hanno fatto parte di questo progetto di ricerca, non solo infermieristico.
Quanto è importante la ricerca infermieristica per te?
Leggendo uno dei più importanti libri di ricerca italiana ho capito che la ricerca nasce o dal bisogno clinico o dal bisogno della ricerca. La mia ricerca nasce dal bisogno clinico essendo molto mirata e sempre attuale. Nasce anche da un vissuto personale. Ho perso mia nonna a causa di un ictus ischemico e questo mi ha portato ad indagare il vissuto e l’esperienza di chi sta intorno e vive questa situazione. Era un gran fardello per noi vedere mia nonna in quello stato.
Sapere cosa si sta facendo e quali sono le ricerche più aggiornate è la spinta professionale migliore che ci sia. La ricerca è fondamentale e quando parlo di ricerca parlo di visione. Deve essere attuale e multidisciplinare.
Qual è il tuo percorso di studio e di attività professionale?
Per quanto riguarda il percorso di studio ho iniziato nel 2009 terminando nel 2012 il corso di laurea triennale alla Sapienza di Roma e sempre alla Sapienza di Roma ho conseguito il Master in Infermieristica di Area Critica nel 2014 e nel 2016 la laurea magistrale, tutti e tre i percorsi sono terminati con il voto di centodieci e lode.
Per quanto riguarda l’attività professionale ho iniziato nel 2012 subito come infermiere di riabilitazione psichiatrica e neurologica e contemporaneamente nella libera professione in ambito di emergenza, finché poi ho avuto il contratto a tempo indeterminato come coordinatore nella clinica di riabilitazione psichiatrica a Roma fino al 2016, quando ho preso sevizio presso l’azienda ospedaliera di Roma Sant’Andrea e da lì ho iniziato subito in rianimazione, fino al 2017. Nel 2017 mi sono trasferito a Bologna presso il Trauma center e rianimazione fino al 2020, anno in cui causa Covid sono rientrato a Roma in rianimazione, sempre al Sant’Andrea. Nel 2020 ho iniziato il dottorato terminato nel 2024 a pieni voti e attualmente sto ancora continuando il mio percorso di ricerca su stroke survivors e sulla critical illness negli stroke survivors.
Di quali altri argomenti di ricerca ti sei occupato e ti occupi?
I miei percorsi di ricerca in realtà partono già prima del percorso dottorale. Credo che le necessità infermieristiche siano tante soprattutto per quanto riguardano la transitional care che è la mia tematica principale di studio. Ho identificato nelle transitional care un elemento fondamentale come la telemedicina che supporta notevolmente e migliora tantissimi esiti, non soltanto per il paziente, ma anche per il caregiver e adesso anche per la rete che si sta formando intorno al caregiver, nel cui ambito e ho svolto studi anche sui familiari presenti in terapia intensiva, come l’open visit durante l’epoca Covid o comunque il benessere dei parenti di pazienti in condizioni critiche.
Mi occupo anche di nutrizione integrale nel paziente critico, dinamiche ambientali e sostenibilità nelle terapie intensive, che è un argomento nuovo e già studiato sotto diversi aspetti ma mai da quello infermieristico e quindi sarebbe un tema interessante visto che siamo una classe molto ampia. Sarebbe sicuramente importante capire cosa la nostra classe sanitaria potrebbe fare, visto che è costituita da un ampio numero di persone che lavorano nel sistema sanitario, in particolare il paziente critico.
Quanto è importante per fare ricerca la collaborazione e il fare rete tra infermieri, università e aziende ospedaliere?
Questa è una domanda che sento mia perché le condivisioni, le cosiddette connection, sono fondamentali e non lasciano isolato un problema. Un problema viene condiviso ed eventualmente risolto. Quindi, come ho detto recentemente al convegno di ANIARTI, la maggiore peculiarità fondamentale della ricerca è la rete, la connessione tra i gruppi di ricerca che si ottiene soltanto mettendoci in connessione e collaborando.
Il premio della American Heart Association hai detto che deve essere una spinta per proseguire, che progetti e speranze hai ora?
Il premio mi ha portato ad avere una visione e visibilità internazionale e spero un giorno di entrare a far parte ufficialmente del mondo accademico della ricerca, perché purtroppo ancora non ne faccio parte ufficialmente, come ricercatore o altro. Ho già avuto diverse proposte e in futuro quindi sarà fondamentale per me capire come proseguire, in Italia o all’estero, se in Italia non ci sarà posto per me. Io spero che ci sia e di non essere uno dei “cervelli in fuga” ma in caso contrario seguirò quello per cui ho studiato fino ad oggi.
***
Riferimento bibliografico dell’articolo citato: Bartoli D, Brugnera A, Grego A, Alvaro R, Vellone E, Pucciarelli G. Stroke disease-specific quality of life trajectories and their associations with caregivers’ anxiety, depression, and burden in stroke population: a longitudinal, multicentre study. Eur J Cardiovasc Nurs. 2024 Mar 12;23(2):160-168. doi: 10.1093/eurjcn/zvad054. PMID: 37249041.