CRPS-I di origine neoplastica trattata tramite posizionamento di cateterino perineurale: case report

Introduzione
La sindrome dolorosa regionale complessa di tipo I (CRPS-I) raramente si associa a condizioni neoplastiche avanzate. Tuttavia, quando la CRPS-I si evidenzia clinicamente, essa potrebbe rappresentare una manifestazione paraneoplastica. Essa può comparire nelle fasi molto precoci di una patologia oncologica misconosciuta, di cui bisogna sospettare la presenza, oppure può essere avanzato segno di infiltrazione metastatica alle componenti nervose, in pazienti già compromessi. La diagnosi di CRPS-I è clinica, non esistendo un singolo test diagnostico specifico. Si basa su un’accurata anamnesi ed esame obiettivo, mirati ad escludere altre possibili cause di dolore e disfunzione neurogena, nonchè sull’osservazione della regressione dei sintomi algo-distrofici dopo blocco selettivo del simpatico (1), con criterio ex iuvantibus. Nella maggior parte dei casi è presente edema, dolore severo, modificazioni evidenti della temperatura cutanea accompagnate da discromie, ma anche da una importante limitazione funzionale (range of motion ROM), che interessano generalmente un’area più vasta e distale rispetto alla sede del tumore. I sintomi, sensoriali e motori, sono aggravati dal movimento dell’estremità colpita che inficiano la tonicità e la potenza muscolare(2-3). Nelle fasi iniziali, il dolore è urente e continuo, severo, con delle possibili fluttuazioni di intensità collegate al movimento, a stimoli meccanici o allo stress (4). L’estensione del territorio algico è regionale, non-dermatomerico ma diffuso, con estensione distale con coinvolgimento dell’estremità omolaterale. Il dolore si accompagna ad allodinia e iperalgesia ed esse non sono confinate al territorio di un singolo tronco nervoso, ma sono presenti su di una più vasta area superficiale. Esse fondano la diagnosi clinica della sindrome (5). Il trattamento risulta spesso complicato dalla sovrapposizione dei vari quadri patologici, quello doloroso neoplastico e quello autonomico e distrofico, con scarso successo delle terapie farmacologiche analgesiche sia con oppiacei forti che con adiuvanti attivi specificamente sulla compagine neuro-modulatoria del quadro sindromico (antidepressivi triciclici, cortisonici, SSRI, gabapentinoidi, anticonvulsivanti, capsaicina, calcitonina, alfa-adrenergici ecc).
Le tecniche interventistiche impiegate sono state le più varie e vanno dal blocco single shot del ganglio stellato al posizionamento per via percutanea di un catetere per analgesia continua che hanno ottenuto un significativo controllo del dolore e un sostanziale miglioramento dei sintomi associati (6-7) Il blocco continuo del plesso brachiale, mediante posizionamento di cateterino per infusione continua, con approccio infraclaveare modificato dalla classica tecnica di Raj (8), prevede il blocco anestetico di tutte le fibre che interessano l’innervazione del braccio, sensori-motorie. Esso possiede una notevole semplicità di localizzazione anatomica e cateterizzazione, garantisce sicurezza nel fissaggio al piano cutaneo, con ridotta possibilità di inginocchiamento e chiusura del catetere. Il presente caso clinico descrive l’osservazione di una paziente affetta da sindrome regionale dolorosa complessa di tipo I, a livello dell’arto superiore sinistro, secondaria a infiltrazione del plesso brachiale sinistro da carcinoma mammario, trattato con blocco del plesso brachiale, continuo, per via infraclaveare.

Caso Clinico
Una donna di 55 anni, giungeva all’osservazione algologica, con diagnosi di carcinoma mammario localmente infiltrante, metastatizzato a livello polmonare, sottoposta, nel 2003, a quadrantectomia mammaria sinistra con svuotamento ascellare omolaterale. Successivamente, si era effettuata asportazione di linfonodi latero-cervicali omolaterali, infine, asportazione linfonodi sottoclaveari. A ciascun intervento seguivano chemioterapia e radioterapia. In seguito all’ultimo intervento chirurgico compariva dolore severo al braccio sinistro (NRS-score 8-10). Effettuata una elettromiografia si evidenziava deficit dei nervi mediano e radiale, verisimili esiti di infiltrazione neoplastica. Il neurologo prescriveva terapia per os: pregabalin 300 mg/die, tramadolo 100mg/die, metilprednisolone 8mg/die e un tutore alla mano sinistra per tre mesi. Il dolore migliorava (NRS-score 2). Poco tempo dopo, si eseguiva la TC che evidenziava sia la presenza di recidive multiple sia localizzazioni secondarie polmonari a partenza dalla neoplasia primitiva. Giudicata chirurgicamente inoperabile, si sottoponeva a terapia oncologica per via orale: Xeloda 1 compressa, ogni tre settimane, poi a radioterapia.
Nell’ottobre 2010 si manifestava di nuovo dolore al braccio sinistro con segni e sintomi suggestivi di una sindrome regionale dolorosa complessa di tipo I, associata a lesione neoplastica.
La paziente si presentava con un quadro clinico complesso che all’esame fisico neuro-algologico, svelava dolore continuo (NRS-score 8-9), parestesie, iperalgesia, anomalie di sudorazione nell’area algica, modificazione discromiche e termoregolatorie dell’arto superiore sinistro, accompagnate da ipostenia dell’arto, tremore, distonia. La componente neuropatica si faceva predominante con presenza di sensazioni quali formicolio, punture di spillo, ipo-analgesia del territorio colpito, allodinia. Inoltre, nell’ultimo mese, erano comparsi numerosi episodi parossistici di dolore (DEI) di tipo lancinante (NRS-score 10) che rendevano totalmente inefficace il trattamento farmacologico. La postura dell’arto superiore sinistro risultava obbligata, in atteggiamento addotto con avambraccio e braccio posti a 90° tra loro, flesso sull’addome, nell’impossibilità di distendere l’arto colpito, al fine di evitare lo scatenamento del parossismo doloroso e un senso di marcata ipostenia. L’estremità superiore risultava essere impacciata e alterata nei movimenti di flesso-estensione delle dita e prensione, come anche nei movimenti fini. Obiettivamente si osservavano, a livello dell’intero arto: edema della mano e dei segmenti più prossimali dell’arto sup, anomalie del circolo cutaneo di superficie, atrofia degli annessi, peli e unghie. Si completava così l’osservazione fisica e si poneva la diagnosi di CRPS tipo I di natura neoplastica.
Nell’anamnesi farmacologica si evidenziava l’uso, fino a quel momento, di oppioidi forti somministrati con il seguente schema terapeutico:
•    fentanyl transdermico 75mcg, ogni 72 ore;
•    fentanyl orodispersibile 800mcg al bisogno;
•    pregabalin 300mg/die
Questo approccio farmacologico non apportava sostanziale controllo della sintomatologia algica (NRS-score 7). Dopo il fallimento della terapia con oppiacei, si è ritenuto che fosse opportuno l’approccio con una tecnica invasiva di analgesia regionale, che sfruttasse l’impiego di anestetico locale, agente potenzialmente più adeguato per la presentazione neuro-vegetativa della sindrome, con forte caratterizzazione neuropatica. È stato effettuato il posizionamento di un cateterino infraclaveare secondo tecnica di Raj (8). Si è, quindi, “salito” idealmente lo Step 3 della scala OMS, passando all’ipotetico Step 4, nel quale andrebbero collocate tecniche e metodiche palliative di tipo interventistico. La paziente è stata correttamente informata sulla esecuzione della tecnica e ha rilasciato relativo consenso scritto. La procedura antalgica è stata eseguita in una sala dedicata e attrezzata con tutto il materiale necessario per il controllo delle complicanze. Per garantire la corretta identificazione del plesso e localizzazione finale del catetere (Multiplex Catheter, Vygon®) è stato utilizzato uno ago elettrostimolato con stimolatore nervoso continuo (Plexygon, Nerve Stimolatore,Vygon®), ricercando una risposta muscolare ≤0.5mA e la scomparsa a 0.3mA per escludere l’iniezione intraneurale accidentale. La paziente è stata fatta sdraiare sul lettino, in posizione supina, con la testa ruotata verso l’arto superiore destro, con l’arto superiore sinistro addotto lungo il tronco. L’approccio infraclaveare viene eseguito con l’introduzione dell’ago da stimolazione (lungo almeno 10 cm) in un punto che si trova 3 cm circa, al di sotto, del punto di mezzo della clavicola, su una linea che viene tracciata come prolungamento del margine posteriore del muscolo sternocleidomastoideo. Tale linea attraversa la clavicola e si estende fino all’ascella dove viene apprezzata la pulsazione dell’arteria ascellare. Idealmente questo repere rappresenta sulla cute l’andamento del plesso in profondità. L’operatore si dispone al fianco del paziente e dopo pomfo cutaneo e sottocutaneo, introduce l’ago perpendicolarmente alla cute effettuando un angolo di circa 30 gradi in direzione dell’ascella, avendo come repere la pulsazione dell’arteria ascellare. Con il braccio addotto, ad una profondità media di 5 cm, si trova il plesso nerveo-vascolare e si evocano le risposte motorie (i TWITCHS tipici), ovvero la flesso-estensione del gomito, del polso e delle dita. Dopo la localizzazione del plesso brachiale è stato introdotto il catetere con direzione cranio-caudale, verso l’ascella fissabile alla cute dell’area deltoideo-pettorale. L’analgesia con ropivacaina HCl 0,2% dopo bolo iniziale di 3 ml, ha generato anestesia totale dei territori del braccio interessati da CRPS tipo I, mentre boli ripetuti di ropivacaina HCl 0,2% per un massimo di 1 ml, ogni bolo, ogni 6-7 ore, ha garantito un’ottima risoluzione del dolore (NRS-score 1). La somministrazione più sicura ed efficace dell’anestetico locale è effettuabile mediante dispositivi a rilascio controllato quali pompe elastomeriche.
Il catetere, infatti, è stato rifornito da un elastomero meccanico a velocità di infusione variabile, 2-4-6 ml/h, rifornito ogni 6-7 ore con ropivacaina HCl 0,2%, per un massimo di volume di 1 ml per ogni somministrazione, come dose bolo, a seconda delle necessità. Non sono stati osservati effetti collaterali da anestetici locali o complicanze da malposizionamento del catetere quali dislocazione, fuoriuscita o infiammazione/infezione al sito di introduzione.
La terapia con oppiacei per è stata contestualmente interrotta. I risultati si sono evidenziati e stabilizzati dopo circa due giorni di trattamento con riduzione notevole del dolore (NRS-score1), miglioramento delle condizioni trofiche del braccio e della mano, con progressiva scomparsa di edema, discromie e distrofie. Inoltre, nel corso dei giorni, si è evidenziato il graduale recupero sensitivo e motorio sia della mano che dell’intero arto superiore sinistro, con notevole incremento del livello di umore e di autonomia della paziente. Questo trattamento antalgico, iniziato da circa tre settimane, è tutt’ora in corso, con ottimo livello analgesico e buona compliance e soddisfazione da parte della paziente. La sospensione degli oppiacei ha eliminato i disagi da stipsi, irritabilità, astenia. La paziente ha mostrato, quindi, un notevole miglioramento delle condizioni generali di salute e della qualità di vita con recupero dell’appetito, miglioramento dell’aspetto fisico nonché ripresa di contatti sociali e familiari stabili.

Discussione
La relazione tra cancro e CRPS-I è stata delineata approssimativamente circa 70 anni fa (9). I meccanismi sottesi alla sindrome sono certamente di natura sensoriale e motoria, ma comprendono una importante componente di disfunzione autonomica che connota precisamente il carattere clinico e fisiopatologico della sindrome. Numerose teorie hanno tentato di spiegare questo complesso sintomatologico, ma nessuna di esse è, a tutt’oggi, esaustiva. L’iperattività del sistema simpatico e i processi infiammatori riflessi, non sembrerebbero sufficienti a spiegare completamente la CRPS. Sono stati infatti chiamati in causa altri fattori che contribuiscono alla patogenesi del quadro, quali la risposta neuro-endocrina, la disfunzione psichica, gli eventi di vita stressanti, come può essere l’insorgenza e la consapevolezza di avere una neoplasia (10). Inoltre, c’è ancora da chiarire completamente l’esatta origine neuro-funzionale della sindrome, cioè se essa sia periferica (11)  o centrale (9). I meccanismi centrali coinvolti sono la sensibilizzazione centrale e la diminuita soglia del dolore mediata dal gruppo dei neuroni “wide-dynamic”, cellule multiconvergenti responsive sia a stimoli nocicettivi che non nocicettivi, presenti nel midollo spinale (12).
Il contributo autonomico che mantiene e alimenta il dolore potrebbe in generale variare significativamente da un individuo all’altro o da una regione all’altra della progressione della massa neoplastica. La presenza contestuale di una neoplasia quindi potrebbe scatenare o solamente complicare il quadro clinico e la valutazione di un difficile dolore da CRPS-I. Terapeuticamente, il blocco del ganglio stellato, per la CRPS-I all’arto superiore, risulta essere il gold standard per l’outcome a breve e a lungo termine di questi pazienti. In particolare, i risultati sono stati ottimali con l’impiego di anestetico locale, ma lo stesso risultato non si è ottenuto con gli oppiacei (13). A fronte di queste osservazioni, la presente esperienza, muove i passi anche da un’ampia gamma di raccomandazioni che ormai validano, a tutti gli effetti, in caso di fallimento della terapia con oppiacei, la possibilità di impiegare l’analgesia interventistica nel dolore da cancro. Così, nel tentativo di razionalizzare la terapia sistemica con oppiacei che si mostrava inefficace e foriera di effetti indesiderati per la paziente, si sono ricercati e identificati i targets terapeutici sui quali agire elettivamente al fine di migliorare l’aspetto clinico e l’impatto psichico della sindrome. Si è scelto un approccio alternativo, impiegato nel controllo del dolore neuropatico da cancro (p.es., Sindrome di Pancoast) che non risponde ad altre terapie, se localizzato alla spalla o al braccio, l’applicazione di un catetere per il blocco continuo del plesso brachiale. È una tecnica principalmente impiegata in analgesia postoperatoria e può essere eseguita per via interscalenica, ascellare, infra- e sopra-claveare. Raj (8), nel 1973, propose un nuovo approccio che includesse tutte le fibre che interessano l’innervazione del braccio. Tale tecnica, evoluzione di quelle già suggerite da precedenti esperienze (14), è estremamente favorevole per varie ragioni:
•    inclusione del nervo muscolocutaneo;
•    relativa semplicità di approccio e cateterizzazione;
•    minori complicanze da blocco di strutture nervose centrali;
•    sicura fissazione sul piano cutaneo;
•    minore rischio di severe complicanze quali pneumotorace, blocco del nervo frenico, iniezione arteriosa intravertebrale, puntura intra- ed extra-durale.
Questo intervento è stato in grado di minimizzare il dolore, ridurre la disabilità motoria e sensoriale dell’arto leso, migliorare l’aspetto psicologico della paziente e della sua qualità di vita, a breve e a medio termine. Dopo la sospensione degli oppiacei non sono stati registrati nuovi effetti indesiderati e complessivamente la paziente appare soddisfatta e aderente alla terapia.

Bibliografia
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