Eziologia, valutazione e prevenzione del dolore pelvico cronico nelle donne affette da patologia infiammatoria pelvica: rassegna della letteratura

Introduzione

La patologia infiammatoria pelvica (PID, da pelvic inflammatory disease) è un processo infiammatorio dovuto a infezioni multimicrobiche date dalla diffusione crescente di microrganismi dalla vagina e dall’endocervice al tratto genitale superiore femminile (1). Colpisce dai venticinque ai ventinove anni e si stimano circa novantadue milioni di nuovi casi di infezione l’anno in tutto il mondo, di cui cinque milioni nell’Europa Occidentale e sedici milioni nell’Africa Sub Sahariana (2).  Essa rappresenta una delle più comuni condizioni ginecologiche che causano dolore pelvico cronico (CPP, da chronic pelvic pain)  così definito poiché è caratterizzato da un dolore persistente da almeno tre mesi, non legato solo alle mestruazioni o ai rapporti sessuali, senza sollievo anche dopo eventuali trattamenti e che mette in forte discussione la qualità di vita della donna (3). La  localizzazione del dolore nella PID può essere individuata in sede pelvica e/o addominale, comprendente altri sintomi quali dispaurenia, febbre, dolore alla schiena, vomito (4).
Per un’efficace prevenzione della malattia un aspetto essenziale è la determinazione dei fattori di rischio, quali indicatori demografici e sociali, come l’età, l’etnia, lo stato socio economico e lo stato civile, che rappresentano dei fattori individuali non modificabili rispetto alla patologia (5).
Numerosi studi analizzati fanno emergere il dolore come sia un vero problema di salute, data la prevalenza della PID in donne giovani e in età fertile, sessualmente attive, i cui fattori di rischio sono gli stessi di quelli per l’acquisizione di malattie sessualmente trasmissibili quali: molteplici partner sessuali, il fumo, e l’uso illecito di droga; sono inoltre associati ad un aumento del rischio di CPP l’abuso di alcool, il flusso mestruale abbondante, un precedente taglio cesareo e la comorbilità psicologica (6). Il 36%, più di un terzo del campione, ha presentato dolore pelvico da PID anche dopo il follow up e il 68% lo considera altamente disabilitante e/o intenso (7); nel 25-50% dei casi le donne con CPP hanno conseguenti problemi psichici e/o sono state vittime di abusi sessuali (3), mentre la loro preoccupazione più rilevante delle donne è il rischio di infertilità (8).

Eziologia, valutazione del dolore e prevenzione nella PID

Il primo microrganismo ad essere riconosciuto come agente eziologico è stata la Neisseria Gonorrhoeae, responsabile della PID e considerata quindi una infezione monoeziologica (9). Da studi dei microrganismi presenti nel tratto genitale femminile sono stati riscontrati in fase acuta oltre alla Neisseria Gonorrhoeae, anche altri tra cui i principali sono la Chlamidia Trachomatis, il Mycoplasma Genitalium, anch’essi successivamente inclusi come agenti eziologici della PID, dovuta così ad infezione multimicrobica (10). Anche se la Chlamidia Trachomatis rimane tra i più significativi patogeni, rilevata fino al 60% delle donne con salpingite ed endometriosi, è stata dimostrata una riduzione di tali infezioni dopo un piano di screening annuale (11). È stato dimostrato un aumentato rischio di cancro endometriale in pazienti con PID, in particolare in pazienti anziani o affetti da ipertensione (12), mentre i microrganismi correlati alla vaginosi batterica hanno più forte correlazione con la PID se vi è un nuovo o molteplici partner sessuali, suggerendo quindi la possibilità di un cofattore di trasmissione sessuale che può associare la correlazione tra microrganismi legati alla vaginosi batterica e lo sviluppo della PID (13). La PID è stata individuata come la più frequente eziologia ginecologica, caratterizzata nel 20% del campione da CPP, seguita dal 14% da endometriosi e dal 12% dalla sindrome da congestione pelvica (14).
La qualità della vita delle donne con PID associata a CPP è stata stimata utilizzando le scale di valutazione (VAS) e tempo-compromesso e attraverso la determinazione di cinque stati PID-associati: trattamento ambulatoriale, trattamento ospedaliero, gravidanza ectopica, dolore pelvico cronico e sterilità, rilevando delle valutazioni medie significativamente inferiori (p<0,05) sulla VAS per la gravidanza ectopica (0,55 vs 0,63), per il dolore pelvico (0,45 vs 0.53), e per l’infertilità (0,53 vs 0,66) (15).
La promozione della salute, la riduzione del rischio e la prevenzione delle malattie sono attività essenziali nella pratica infermieristica avanzata e sono parte integrante della pratica nelle cure primarie (16); così come la prevenzione a tutti i suoi livelli, rappresenta una strategia efficace per ridurre i nuovi casi di PID, attraverso il counselling, l’educazione e le campagnie informative in ambito territoriale nei consultori e nelle scuole, comunicando i rischi sessuali connessi (17). Gli infermieri, effettuando periodici programmi di screening, potrebbero indirizzare soprattutto i giovani, per ridurre il rischio ed evitare danni conseguenti sulla salute che possono anche limitare le attività di vita quotidiana (18); fondamentale è quindi fornire informazioni verbali e scritte al fine di ridurre disagio psicologico e confusione (8). È dimostrato che l’incidenza di PID è diminuita da diciotto su diecimila donne/mesi a otto, in donne nella fascia di età a rischio, tra i 18 e i 34 anni, dopo averle sottoposte a screening per infezione del tratto genitale inferiore da Chlamydia (19).
Il contraccettivo di barriera (condom) risulta altamente efficace nel ridurre il rischio della trasmissione delle infezioni sessualmente trasmesse responsabili dello sviluppo della PID (20), mentre l’uso di contraccettivi orali è stato associato a una minore incidenza di PID, anche se non è chiaro se ciò sia dovuto a un minor numero di infezioni o a una  riduzione dei  sintomi (21).
In Italia il Sistema di Sorveglianza delle Malattie a Trasmissione Sessuale (MST), per quanto riguarda la frequenza e la diffusione delle malattie, ha riportato un incremento negli ultimi anni, con necessità quindi di divulgare ulteriori informazioni sulle manifestazioni cliniche e sulle possibili complicanze, promuovendo soprattutto comportamenti sessuali più sicuri, favorendo la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento terapeutico, con l’elaborazione di un piano nazionale per la prevenzione e attivando programmi di “behavioral surveillance” in maniera tale da  incrementare così la consapevolezza pubblica (22).

Conclusioni

La PID è una patologia di rilevanza sociale di grande importanza, anche se ad oggi non è molto conosciuta. È di notevole importanza procedere, soprattutto a seguito del notevole flusso di immigrati, ad adeguate campagne informative che tengano conto delle differenze linguistiche e culturali del Paese d’origine. Sarebbe opportuno sviluppare in tutti gli operatori della salute, in particolare modo negli infermieri, un ascolto attivo ed empatico che possa aiutare la collettività a un programma di prevenzione prima e dopo una migliore gestione del trattamento correlato al dolore pelvico cronico da PID, attraverso un approccio di tipo olistico, presupponendo l’esperienza di un centro dedicato in cui opera un team multidisciplinare, soprattutto in termini di educazione al paziente e/o ai caregiver.
Attualmente, per la salute delle donne, in particolare quelle affette da CPP, hanno grande rilevanza in ambito sanitario e social tutte quelle azioni volte al miglioramento della qualità di vita e di salute, con un pressante invito ad attuare intense campagne sensibilizzanti. L’obiettivo principale è rappresentato dalla necessità di aumentare la consapevolezza pubblica e professionale circa il valore e l’importanza di un sano e corretto comportamento sessuale.

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