Gestione del dolore e delle complicanze nel clistere evacuante

Introduzione

Il clistere è una pratica largamente usata soprattutto in America Latina. Si riscontrano reperti archeologici che indicano l’utilizzo di siringhe di ceramica e osso tuttora utilizzate dalle tribù indigene locali con clisteri di tabacco e droghe. L’uso del clistere non è una pratica semplice, ma soggetta a rischi più o meno dannosi per il paziente, soprattutto in quelle situazioni di occlusione intestinale da “addome acuto”, evidenziabili principalmente nel soggetto anziano (1). La corretta pratica eseguita da personale qualificato è risolutiva per la stipsi, soprattutto nei casi di stipsi neurogena evidenziabile nell’ultimo tratto del colon. Il clistere evacuativo viene quindi utilizzato per trattare la stitichezza, oppure per risolvere una temporanea difficoltà nell’evacuazione. Inoltre, si ricorre a un clistere evacuativo anche quando si eseguono esami di tipo diagnostico generalmente relativi all’ultimo tratto dell’intestino o si deve preparare un paziente a un intervento chirurgico, oppure per alleviare i problemi di costipazione che si provano durante la defecazione a causa di un’episiotomia oppure per l’applicazione di punti di sutura nella zona vaginale, come avviene dopo il parto.
Molti sono gli effetti benefici annunciati dai pazienti, ma altrettanti sono i casi nei quali si riscontrano complicanze più o meno gravi tra cui neurologiche, cardiovascolari, gastrointestinali, del sistema immunitario e le reazioni cutanee; i decessi non sono da meno frequenti (2).
Una delle probabili cause di lacerazione della mucosa intestinale, escludendo quelle localizzate al di sopra della linea dentata dove non c’è sensazione, è la somministrazione topica-regionale di pomata o gel a base di lidocaina, anche per lubrificare la sonda rettale (3). Questo è supportato da Saltzstein et al. che suggeriscono che il dolore è vissuto solo dopo la necrosi del tessuto locale e l’infiammazione peritoneale. La lidocaina è indicata per indurre anestesia locale: anestesia di superficie (applicazione topica) e anestesia d’infiltrazione, somministrazione sottocutanea. Inoltre, è indicata per indurre anestesia loco-regionale: blocco periferico del nervo, blocco centrale a livello del midollo spinale (4). Con l’inibizione sensoriale, dovuta all’effetto anestetico, la pratica del clistere può causare lesioni iatrogene del retto. L’incidenza stimata di perforazioni dovute a clima del colon, per esempio, è compresa tra lo 0,02% e lo 0,04% approssimativamente simile all’incidenza alle lesioni (5-8). Tali lesioni sono favorite dalla debolezza della parete: età, infiammazione, malattia diverticolare, neoplasia, ischemia, terapia steroidea (9).
Riportiamo alcuni casi tratti dalla letteratura:
Caso 1. Donna di anni 80, affetta da scompenso cardiaco e insufficienza renale cronica in trattamento dialitico, portatrice da tempo di grave malattia diverticolare. Perveniva alla nostra osservazione a causa di un episodio di rettorragia. In assenza di preparazione intestinale veniva richiesta una colonscopia da far precedere da un clistere evacuativo. Durante l’effettuazione del clistere la paziente riferiva dolore acuto a livello del canale anale; la colonscopia comunque eseguita non era completata in quanto la progressione dello strumento si arrestava a livello del sigma prossimale per una stenosi diverticolare del lume. In fase di estrazione dello strumento si evidenziava la presenza di una minuta lesione della mucosa anteriore circa 2 cm prossimalmente alla linea dentata. Nelle ore seguenti la paziente sviluppava un quadro clinico caratterizzato da distensione addominale, dolori addomino-pelvici, febbre, dispnea ed enfisema sottocutaneo. Si eseguiva una TC addome che evidenziava la presenza di abbondante aria libera in sede endo e retroperitoneale che si estendeva cranialmente al mediastino. Si riparava la lesione per via trans-anale mediante la preparazione di un lembo mucoso di scorrimento scolpito al di sopra della perforazione (10).
Caso 2. Ospedale di Cremona. Nell’effettuare un clistere, la sonda ha perforato il retto e un uomo di 82 anni è morto poche ore dopo la procedura. Era ricoverato da più di un mese per insufficienza cardiorespiratoria nel reparto di lungodegenza riabilitativa del nosocomio cremonese. Sono stati emessi quattro avvisi di garanzia con l’ipotesi di omicidio colposo nei confronti anche dell’infermiera che ha eseguito la procedura assistenziale e di tre medici, di cui il chirurgo che era di turno e che non è intervenuto date le condizioni disperate in cui versava il paziente. La vittima sarebbe deceduta a causa dell’emorragia interna provocata dalla lesione al retto, tuttavia si attendono i risultati dell’autopsia per la conferma (11).
Caso 3. Una donna giapponese di 64 anni è stata ricoverata per una emergenza nell’ospedale di Hinma il 7 giugno 1996 per dolore addominale e febbre. L’11 maggio è stato richiesto un clistere di bario: si riscontrano alcuni diverticoli nel sigma e nel colon discendente. La paziente viene ricoverata in emergenza il 7 giugno 1996 per febbre elevata e fortissimo dolore intestinale. In accettazione è stata rilevata una pressione di 160/80 mmHg, temperatura di 38,6°C, frequenza di 96 bpm. I raggi X hanno rilevato la presenza di residui di bario nel basso addome. È stata diagnosticata una peritonite in seguito alla perforazione dei diverticoli ed è stata sottoposta a intervento chirurgico. Sono stati riscontrati durante l’intervento, diverticoli perforati contenenti bario e materiale fecale. La paziente ha avuto uno shock settico ed è morta il 14 giugno (12).
Caso 4. Un uomo di settantasette anni è stato ricoverato in situazioni di emergenza per il dolore addominale dopo l’instillazione di un clistere di acqua calda, a domicilio. All’ingresso ha avuto 38°C di febbre, leucocitosi e segni di irritazione peritoneale. Con diagnosi di colite a causa di ustioni ha ricevuto una rettosigmoidoscopia a 72 ore che ha rivelato una mucosa necrotica nel tratto rettosigmoideo estendendosi per 15-20 cm. Dopo aver fatto buoni progressi è stato dimesso il 15° giorno dopo l’ammissione. Un mese dopo il paziente ha presentato tenesmo rettale ed episodi di diarrea. La colonscopia ha rivelato una impraticabile stenosi, 3 cm di lunghezza a circa 10 cm dall’ano. Dopo due sedute di dilatazione endoscopica, che è stata clinicamente inefficace, è stato indicato l’inserimento di uno stent biodegradabile.
La complicanza più comune derivante da danni ai tessuti a causa di ustione è la comparsa di una stenosi cicatriziale del segmento interessato (13). L’uso di uno stent per trattare stenosi cicatriziali benigna è generalmente in aumento (14). Potrebbe essere un passaggio intermedio tra dilatazione con palloncino e chirurgia, ma non ha ancora dimostrato efficacia per questa indicazione. Nella nostra esperienza, l’uso di uno stent dopo un iniziale tentativo fallito a dilatazione con palloncino (15) può essere un efficace ed alternativa tecnica di chirurgia (16), anche se studi comparativi sono necessari per confermare questa ipotesi.
Caso 5. Clisteri di schiuma di sapone possono provocare colite grave con stenosi e complicanze. Rari sono i casi riportati in letteratura. Somministrazione di sapone e acqua nei clisteri per la pulizia intestinale è ancora una pratica di routine in molti ospedali. Riportiamo tre pazienti che hanno sviluppato una grave colite subito dopo la somministrazione di clisteri di sapone e acqua. Questi casi sono stati osservati per un periodo di dieci anni a partire dal 1995.
a) Una donna di ventisei anni è stata sottoposta a un clistere di sapone e acqua dopo il parto. Compare, subito dopo il clistere, emorragia per via rettale. In seguito ha sviluppato un forte dolore nella zona anale, aumentata frequenza delle evacuazioni e sanguinamento. Parametri vitali stabili. Esame obiettivo addominale negativo. L’esplorazione rettale ha mostrato feci liquide con sangue. Indagini di laboratorio: l’emoglobina 9,2 g/dl, WBC 9.300 mm3. Esame delle feci: molti globuli rossi, nessun parassita e la coltura è negativa. Sigmoidoscopia: la mucosa del retto e del sigma mostrava eritema grave, friabilità e multiple ulcerazioni. Il lume conteneva materiale liquido con sangue. Campioni bioptici hanno evidenziato una grave infiammazione con tessuto di granulazione. Il sanguinamento rettale e dolore sono stati risolti dopo tre settimane. Un mese dopo ripete la sigmoidoscopia che ha rivelato lieve eritema irregolare della mucosa rettale. La giunzione rettosigmoidea è ristretta, e richiede la dilatazione endoscopica. Il paziente è asintomatico sei mesi dopo.
b) Un uomo di cinquantasei anni è stato ricoverato nel reparto di urologia per intervento chirurgico in elezione per resezione transuretrale della prostata in ipertrofia prostatica benigna. In seconda giornata postoperatoria compaiono sanguinamento dal retto, forti dolori addominali e perdita di feci abbondanti con sangue e muco. Gli era stato praticato clistere di acqua e sapone per l’evacuazione intestinale prima dell’intervento chirurgico e subito dopo aveva accusato dolore nel retto. La colonscopia ha rivelato aree diffuse con emorragia ed essudati nel retto e sigma. La biopsia è indicativa di colite acuta. Esame delle feci è risultato negativo per gli agenti patogeni. Il paziente, dopo una settimana di clisteri con steroidi, non ha avuto miglioramenti soddisfacenti. I sintomi si sono risolti gradualmente nell’arco di quattro settimane. Follow-up a 6 mesi e a un anno non hanno mostrato anomalie.
c) Una donna di quarantacinque anni è stata ricoverata per essere sottoposta a intervento chirurgico di isterectomia. Prima dell’intervento chirurgico le era stato praticato un clistere di acqua e sapone. Nel postoperatorio presenta un grave dolore rettale e diarrea emorragica. L’esame delle feci non ha evidenziato parassiti e la coltura è stata negativa. È stata trattata con antibiotici, e i suoi sintomi sono migliorati nell’arco di quattro settimane. Due mesi dopo è stata ricoverata per costipazione, forti dolori e distensione addominale. La radiografia ha mostrato colon dilatato e nell’intestino tenue presenza di più livelli idroaerei. La sigmoidoscopia ha rivelato ulcerazioni irregolari e quasi completa ostruzione del colon. Laparotomia d’emergenza e confezionamento di colostomia; la paziente è stata dimessa dopo 14 giorni. La resezione del segmento stenotico con chiusura di colostomia è stata effettuata 3 mesi dopo. Da allora è asintomatica (17).

Conclusione

Il clistere è una procedura assistenziale poco tollerata dal paziente; spesso l’applicazione prevede l’utilizzo di anestetici locali come la lidocaina. Anestetizzando il segmento interessato il paziente non avverte fastidio nella zona interessata a discapito di un fattore importantissimo: il dolore. Il paziente è soggetto a rischi maggiori: lacerazioni gravi e perforazioni del colon (18-21), rettoragie ed altre complicanze gravissime. L’infermiere deve essere a conoscenza che i clisteri con anestetici possono causare lesioni al retto-sigma colon . Questo punto di vista è supportato da Pietsch et al. (1977). La necrosi inizia da una lesione, perforazione causata dalla punta del clistere. La soluzione clisterica provoca infiammazione con possibile invasione batterica (22).
È anche possibile che ci possa essere un ritardo tra la somministrazione di clistere e l’insorgenza di complicanze come sanguinamento rettale, in modo che non si realizzi una connessione tra i sintomi e clistere.
Occorre inoltre precisare la differenza tra clisteri isotonici, ipertonici o ipotonici che nei soggetti a rischio possono portare a ipervolemia, ipovolemia e squilibri elettrolitici. La soluzione di lavaggio deve essere sterile allo scopo di evitare l’apporto di batteri patogeni che normalmente non sono presenti nel colon, ad esempio gli stafilococchi; la quantità di soluzione da somministrare per un clistere di evacuazione o di pulizia non deve superare 1500 ml, generalmente circa 1000 ml. La frequenza dei clismi per pulizia o evacuazione non deve essere superiore a due al giorno, iniziando nelle 48-72 ore prima dell’esame o del trattamento. Sono da utilizzarsi sonde rettali di gomma morbida ben lubrificate, o cannule di plastica con disegno della punta ogivale che vanno lubrificate al momento dell’introduzione insieme all’orifizio anale; il dito indice deve esplorare eventuali lesioni emorroidarie e guidare dolcemente l’introduzione della cannula. Nei clisteri evacuanti, durante l’introduzione del liquido, il paziente giace sul lato sinistro e poi viene girato. Tale metodica permette di utilizzare la gravità e di agevolare il passaggio del liquido all’interno del colon discendente che, come sappiamo dall’anatomia, discende, appunto, dal fianco sinistro per portarsi medialmente e in basso e dietro fino all’apertura anale. Il paziente, perciò, giace con le cosce e le gambe flesse, con la gamba destra più in avanti. Girando poi il paziente sul lato destro si tende a trasferire, attraverso il colon trasverso, il liquido alla parte destra. In tal modo si stimola efficacemente la peristalsi e l’azione sarà completa.
Per quanto riguarda invece la somministrazione dei clisteri di fosfato occorre conoscere le circostanze nelle quali è inopportuno utilizzare i clisteri fosfato:
• costipazione sopra la flessura splenica
• ileo paralitico
• ostruzione del colon
• pazienti fragili
• pazienti con uno squilibrio elettrolitico o gravi aritmie cardiache
• pazienti che hanno subito un intervento chirurgico recente al retto o strutture adiacenti.
Il problema consiste nel sapere se la costipazione è sopra la flessura splenica, senza che il paziente abbia effettuato un esame radiografico (23-24).
La dipendenza da utilizzo dei clisteri domestici può essere pericolosa se non si usano le dovute precauzioni; è opportuno utilizzare principalmente lassativi di massa, poiché lassativi e clisteri hanno un ruolo limitato nel trattamento della stipsi, con possibili effetti tossici (25). La situazione si complica se si utilizzano clisteri di fosfato, mentre clisteri con acqua o schiuma di sapone sono meno pericolosi (26). C’è da precisare, però, che i clisteri con schiuma di sapone irritano notevolmente la mucosa intestinale, favorendo la penetrazione batterica. La gravità dei sintomi dipende dal tipo e dalla concentrazione dell’agente caustico, dal tempo di contatto con la mucosa, e dalla presenza o assenza di malattia del colon sottostante. Il danno chimico acuto al colon più comunemente si presenta come ematochezia, diarrea con sangue e dolori addominali. Reperti endoscopici vanno dalla perdita della normale vascolarizzazione della mucosa, desquamazione e ulcera (27-30). Le soluzioni acquose invece risultano pericolose se somministrate troppo calde, o troppo fredde. Nel primo caso possono portare a necrosi (31), nel secondo caso a forti coliche addominali.
L’infermiere è dunque il responsabile dell’intervento assistenziale e della corretta valutazione dell’esecuzione del clistere. Un buon livello di preparazione costituisce un minor rischio per la salute del paziente.

Bibliografia
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