Il contatto fisico in medicina: un gesto in via di estinzione?

Negli ultimi anni, la medicina ha subito un’evoluzione che sta trasformando la relazione tra medici e pazienti, con un progressivo allontanamento fisico tra le due parti. Il Professor Salvatore Mangione (Sidney Kimmel Medical College of Thomas Jefferson University, Philadelphia) nel suo recente articolo pubblicato su JAMA* analizza questa tendenza e ne sottolinea le possibili conseguenze sulla qualità della cura.
Mangione evidenzia come la tecnologia, se da un lato migliorato la capacità diagnostica, dall’altro ha ridotto il contatto diretto tra medico e paziente. Tecnologie avanzate e telemedicina hanno preso il sopravvento, accelerando un processo già in atto, soprattutto con l’avvento della pandemia di Covid-19. Questo ha portato a una riduzione non solo del contatto fisico, ma anche di quello visivo, elementi fondamentali per costruire un rapporto di fiducia. Secondo il prof. Mangione, i medici specializzandi passano oggi meno del 14% del loro tempo accanto al letto del paziente, limitando così la raccolta di informazioni cliniche e l’interazione empatica.
L’evoluzione culturale e la crescente attenzione verso questioni legate al consenso e al rispetto dei confini personali hanno ulteriormente ridotto il contatto fisico. Oggi, la presenza di accompagnatori durante le visite è ormai diffusa per evitare possibili fraintendimenti nel colloquio con il medico, ma ciò contribuisce a un ulteriore distanziamento tra medico e paziente.

Tuttavia il tatto, “le mani sulla pancia del paziente”, rimane uno strumento di comunicazione insostituibile, nonostante le differenze culturali che possono influenzarne l’uso. Si sa che alcune società, come quelle mediterranee, tendono ad apprezzare maggiormente il contatto fisico rispetto ad altre. Ma al di là delle preferenze individuali, il contatto umano è particolarmente importante in situazioni di malattia, dove l’essere toccati può offrire un senso di conforto e cura. Questo aspetto è supportato anche dalla ricerca sugli effetti benefici del contatto fisico: non solo riduce ansia e stress, ma rafforza anche il sistema immunitario e allevia il dolore.
Il professore cita gli esperimenti di Harry Harlow sugli animali negli anni ’50, che dimostrarono come il contatto fosse essenziale per lo sviluppo psicologico e fisico. Nei contesti umani, questo si traduce in un effetto terapeutico concreto: il tatto stimola il rilascio di endorfine, ossitocina e serotonina, migliorando il benessere generale del paziente e aiutando persino i medici a evitare il burnout. Il prof. Mangione auspica che l’importanza del contatto fisico sia sempre tenuta in considerazione dalla medicina moderna, nonostante viviamo in un’epoca sempre più dominata dalla tecnologia, che presenta innegabili vantaggi, ma il contatto fisico, sebbene emotivamente impegnativo, arricchisce la relazione medico-paziente e dovrebbe rimanere parte integrante della pratica medica.

* Mangione S, Basile M, Post SG. Out of Touch. JAMA 2024; 331: 729-30