Il dolore aggiunto

MOBILIZZAZIONE E CURE IGIENICHE

Le malattie che comportano esacerbazione del dolore durante il movimento sono molteplici: riattivazione della mobilità dopo fratture o immobilizzazione di arti, patologie reumatologiche, patologie autoimmunitarie, metastasi ossee in pazienti oncologici, ecc.
Le pratiche assistenziali comportano frequentemente la necessità di mobilizzare la persona più volte al giorno, in modo particolare se alla difficoltà di movimento corrisponde una mancanza totale o parziale di autonomia nelle ADL (per l’igiene, l’aiuto all’eliminazione, ecc.).
Un’assistenza personalizzata e mirata al controllo del dolore richiede la conoscenza del tipo di danno organico e di individuare i movimenti e le posture algogene per quel paziente. Nella progettazione del piano assistenziale individualizzato occorre evidenziare quali posture è necessario evitare, e nel caso in cui ciò sia inevitabile, l’infermiere deve richiedere l’intervento del medico per praticare un’eventuale terapia analgesica preventiva.

MEDICAZIONI

Negli ultimi anni c’è stato un importante incremento della ricerca scientifica finalizzata studio delle lesioni croniche, con lo scopo di ridurre i tempi di guarigione ed ottimizzare costi/benefici delle cure. Poca attenzione, però, è stata finora accordata al dolore percepito dal paziente durante la procedura.
Il cambio della medicazione in caso di lesioni da pressione o di lesioni ulcerative croniche degli arti è stato indicato in letteratura l’operazione più dolorosa per il paziente (1-3).
Secondo quanto riportato dal documento di posizionamento EWMA 2002 (4), è possibile ridurre il dolore:
somministrando preventivamente un analgesico,
utilizzando medicazioni non traumatiche per i tessuti.
Un’assistenza infermieristica individualizzata e attenta deve prevedere la rilevazione del dolore prima, durante e dopo l’effettuazione della medicazione, al fine di ottimizzare la cura e migliorare la qualità di vita della persona assistita.

VENIPUNTURE

L’entità del dolore è influenzata da numerosi fattori quali:
l’esperienza ed abilità dell’operatore,
il calibro dell’ago,
il patrimonio venoso residuo del paziente,
la sede della puntura,
la ripetitività della pratica,
le sostanze iniettate,
le esperienze passate del paziente.
In particolare risulta piuttosto doloroso l’incanulamento della vena periferica. Questo tipo di dolore non è totalmente prevenibile da parte dell’operatore, ma comunque è possibile:
1) anestetizzare la parte con creme a base di lidocaina,
2) riconoscere i propri limiti, ricorrendo all’aiuto di un collega più esperto qualora ci si trovi in difficoltà, evitando di provare e riprovare inutilmente,
3) nel caso in cui il patrimonio venoso del paziente sia particolarmente compromesso, richiedere al medico se è possibile utilizzare un’altra via di somministrazione, oppure l’incanulamento di una via centrale,
4) uno studio (5) ha rilevato un’attenuazione del dolore da venipuntura ottenuto facendo eseguire al paziente la manovra di Valsalva durante la procedura.
L’importanza di ridurre il dolore durante questa pratica si rileva soprattutto in ambito pediatrico, in quanto i bambini sono più sensibili agli stimoli cutanei. Alcuni studi (6-10) hanno dimostrato l’utilità di somministrare glucosio per via orale o di allattare al seno il bambino durante la venipuntura (spesso anche in associazione con l’applicazione di pomate anestetiche); altri studi riportano l’utilità di tecniche distrattive come ad esempio l’utilizzo di mezzi audiovisivi (11) per i bambini dai 7 ai 14 anni.

SONDAGGIO NASO-GASTRICO

Si tratta di una pratica frequentemente necessaria soprattutto nel paziente chirurgico e nel paziente terminale, sia per l’alimentazione, sia per sindromi occlusive intestinali.
Di per sé la pratica è più fastidiosa che dolorosa. È possibile però provvedere ad una de-sensibilizzazione dell’orofaringe attraverso spruzzi di ossibuprocaina, che attutiscono anche il riflesso del vomito determinato dal passaggio del sondino.

CATETERISMO VESCICALE

Anche questa pratica risulta essere più fastidiosa che dolorosa. L’eventuale dolore provocato da questa manovra è facilmente prevenibile utilizzando al posto del consueto gel lubrificante un gel sterile a base di lidocaina. In questo modo è possibile prevenire anche il dolore che spesso segue la manovra.

PRELIEVI CAPILLARI

Nell’adulto il prelievo capillare si effettua attraverso la puntura dei polpastrelli delle dita, zona altamente sensibile. Uno studio (12) ha verificato la possibilità di aree alternative meno dolorose dei polpastrelli per il monitoraggio della glicemia, quali avambraccio e palmo della mano. Lo studio ha però dimostrato differenze significative rispetto al glucosio rilevato nel sangue venoso. Risulta quindi importante eseguire i controlli dai polpastrelli.
È però possibile rendere l’atto meno doloroso:
1) applicare un gel a base di lidocaina circa 30’ prima,
2) utilizzare aghi di piccolo calibro (come, per esempio, aghi da insulina) o meglio ancora le penne al posto delle lancette pungi dito che risultano essere molto più dolorose.

CONCLUSIONI

Un’attenta riflessione su come si potrebbe modificare l’attività assistenziale per ridurre al minimo il dolore “iatrogeno” consentirebbe di migliorare sensibilmente la qualità del servizio erogato.
È importante che l’infermiere prenda coscienza del dolore che provoca durante l’esecuzione delle pratiche assistenziali e adotti strategie di controllo/riduzione della sofferenza provocata al paziente. Ad oggi la letteratura è ancora piuttosto scarna al riguardo, pertanto si auspica un maggiore sviluppo della ricerca infermieristica su questo argomento, al fine di migliorare la qualità delle cure e la qualità di vita della persona assistita.

LA STORIA DI UN DOLORE SENZA VOCE

A conclusione di questa breve riflessione vorrei aggiungere un’esperienza professionale personalmente vissuta.
Il Signor Mario (naturalmente si tratta di un nome fittizio a protezione della privacy del paziente) viene trasferito nel nostro reparto dopo una lunga degenza in una sezione chirurgica.
La sua sopravvivenza è legata ad un apparecchio che gli ha causato diversi episodi di ischemia cerebrale.
Il paziente è emiplegico, afasico, non collaborante. Necessita di aiuto per tutte le attività di vita (compresa la manutenzione dell’apparecchio). Nella lettera clinica di trasferimento (manca quella infermieristica come quasi sempre accade), il paziente viene descritto come incapace di intendere e comunicare e con gravi problematiche famigliari (l’unico parente è il genitore ottantenne). All’arrivo in reparto il paziente è agitatissimo, e ogni volta che gli si avvicina un “camice bianco” cerca di allontanare il sanitario con l’unica mano in grado di muovere. Si alimenta con voracità, anzi, l’unico modo per avvicinarsi è quello di offrirgli del cibo. Dopo circa due giorni dal ricovero il paziente incomincia a tranquillizzarsi e l’équipe infermieristica ritiene che il paziente sia in grado di capire, ma non di comunicare a causa dell’afasia e degli episodi di agitazione. Con tanta pazienza si incomincia a cercare di trovare un metodo di comunicazione. Il paziente si tranquillizza ed incomincia a dire “sì” “no” “vai via” … a piangere e dimostrare rabbia. Viene fatto persino un foglio con lettere in stampatello a grandi caratteri, per vedere se Mario riesce a indicare le lettere con la mano utilizzabile, ma il paziente, alla vista del foglio si agita e si arrabbia (da ciò abbiamo dedotto che le lesioni cerebrali gli impediscono forse di leggere). Il padre porta la televisione in camera, ed il paziente incomincia a far capire quando vuole accendere o spegnere l’apparecchio.
Il terzo giorno, però, tutte le piccole conquiste sembrano vanificarsi. Il paziente grida, si agita moltissimo e ritorna ad essere inavvicinabile. Durante la riunione d’équipe del mattino alla quale partecipano il primario, i medici, il coordinatore infermieristico e la fisioterapista, quest’ultima avvisa di dover rinunciare a trattare il paziente, in quanto agitatissimo.
Le infermiere riferiscono di aver notato che Mario si agita ogni volta che entra in camera la fisioterapista e affermano che il comportamento del paziente è probabilmente dovuto al dolore che viene provocato dalla mobilizzazione.
Il medico curante, allora ipotizza una situazione di dolore provocato dalla paralisi spastica degli arti plegici, esacerbato dal movimento passivo indotto dalla fisioterapista.
Viene quindi prescritto un trattamento antidolorifico ed antispastico.
Al termine della riunione entro in camera di Mario e gli spiego che gli daremo delle nuove pastiglie per togliere il dolore e quando si sentirà meglio potremo riprovare con la fisioterapia.
Mario mi guarda, sorride e cerca di stringermi la mano … finalmente abbiamo capito che non è lui ad essere incapace di intendere, ma siamo noi incapaci di capire la sua sofferenza.
Questa è sicuramente una storia, purtroppo una storia come tante altre, ambientate nei nostri luoghi di cura, così “moderni”, “attrezzati”, nei quali si è in grado di sostituire “pezzi” mancanti o difettosi; una storia emblematica, che serve a risvegliarci dai nostri sogni di onnipotenza.

BIBLIOGRAFIA

1. Freeman K, Smyth C, Dallam L, Jackson B. Pain measurement scales: a comparison of the visual analogue and faces rating scales in measuring pressure ulcer pain. J WOCN 2001; 28(6):290-296.
2. Shukla D, Tripathi AK, Agrawal S, et al. Pain in acute and chronic wounds: a descriptive study. Ostomy Wound Manage 2005; 51(11):47-51.
3. Szor JK, Bourguignon C. Description of pressure ulcer pain at rest and at dressing change. J WOCN. 1999; 26(3):115-120.
4. Moffatt CJ, Franks PJ, Hollinworth H. Understanding wound pain and trauma: an international perspective. European Wound Management Association (EWMA) Position Document. 2002;2:2-7.
5. Basaranoglu G. et coll., The effects of Valsalva manoeuvres on venepuncture pain , Eur J Anaesthesiol. 2006 (1);1-3.
6. Bauer K, Ketteler J, Hellwig M, Laurenz M Versmold H. Oral glucose before venepuncture relieves neonates of pain, but stress is still evidenced by increase in oxygen consumption, energy expenditure and heart rate. Pediatr Res. 2004 Apr; 55(4): 695-700.
7. Carbajal R, Veerapen S, Couderc S, Jugie M, Ville Y.  Analgesic effect of breast feeding in term neonates: randomised controlled trial. BMJ. 2003 Jan 4; 326 (7379):13.
8. Gradin M, Erikson M, Holmquist G, Holstein A, Schollin J. Pain reduction at venipuncture in newborns: oral glucose compared with local anesthetic cream. Pediatrics. 2002 Dec;110(6):1053-7.
9. Gradin M, Finnstrom O, Schollin J. Feeding and oral glucose–additive effects on pain reduction in newborns. Early Hum Dev. 2004 Apr;77(1-2):57-65
10. O’Brien L, Taddio A, Lyszkiewicz DA, Koren G. A critical review of the topical local anesthetic amethocaine (Ametop) for pediatric pain. Paediatr Drugs. 2005;7(1):41-54
11. Lessi E.,.Biasutto M,.Ferrazzo M, Infermieri dei Bambini-Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (2): 43-48.
12. Koschinsky T, Jungheim K, Heinemann L. Glucose sensors and the alternate site testing-like phenomenon: relationship between rapid blood glucose changes and glucose sensor signals. Diabetes Technol Ther. 2003;5(5):829-42.