In Italia sarebbero circa 15 milioni le persone affette da dolore cronico, di cui solo il 10% legato a una malattia oncologica. Siamo un esercito di persone sofferenti, con un dolore il più delle volte dovuto a patologie vertebrali, artrosi, cefalea, neuropatie periferiche e direttamente o indirettamente a forme tumorali. Il dolore incide notevolmente sulla vita quotidiana: secondo recenti indagini, il 23% delle persone con dolore dichiara di aver dovuto cambiare la propria posizione sociale; il 14-17% di aver perso il lavoro; il 20% di aver cambiato lavoro; il 28% ha avuto un cambio di responsabilità della propria mansione. Anche le conseguenze psicologiche non sono trascurabili: nel 18% dei casi, le persone con dolore dicono di vivere un senso di abbandono e la sensazione di perdere il proprio ruolo all’interno della famiglia; al 22% è stata diagnosticata depressione, mentre il 50% prova un senso di sfiducia e malessere. Il peso economico, sociale e psicologico del dolore è pesantissimo. Ogni anno vengono persi almeno 3 milioni di ore lavorative per problemi riconducibili al dolore cronico. Eppure il dolore è spesso considerato, sia dai pazienti che dai medici, come parte ineludibile della malattia, da accettare e sopportare (1).
Il dolore è un tema che tocca da vicino tutti i cittadini ed è ricorrente in un percorso di formazione universitaria infermieristica sia nella trattazione teorica che nell’ambito di tirocinio clinico.
Il dolore è studiato sui libri e “incontrato” nelle stanze di degenza dove gli studenti “muovono i primi passi”. Spesso nel cammino si incontrano “altri” sensibili al tema e allora le voci si uniscono.
È questa l’esperienza del Corso di Laurea in Infermieristica di Aosta e della Lega Italiana contro il dolore Valle d’Aosta (LICD-VDA), associazione di interesse sociale che si è sempre mossa nell’ottica per la quale il controllo del dolore è un diritto fondamentale del paziente, oltre che un dovere di una società civile.
La LICD-VDA, nel 2014, ha realizzato la “Carta dei diritti del Sofferente”: strutturata in 10 punti o articoli di carattere tecnico-giuridico (dall’obbligo di rilevazione del dolore e della sofferenza da parte di chi ha in cura il sofferente fino al diritto, sempre da parte del sofferente, a ricevere un adeguato risarcimento per danno non patrimoniale derivante da “sofferenza inutile”), che hanno la suggestione del decalogo, non è ristretta all’ambito della terapia del dolore e delle cure palliative, ma spazia nellla sofferenza psicologica ed esistenziale che abita anche in luoghi diversi dalle case e dagli ospedali, come le carceri (con aggravanti derivate dalla condizione di restrizione), ed è preceduta da un preambolo che funge sia da introduzione (di timbro suggestivo e simbolico) sia da contenitore per le disposizioni specifiche e l’ambito di applicazione (2).
Per sensibilizzare sempre di più lo studente infermiere all’ascolto del dolore dell’altro, e all’assistenza del sintomo, abbiamo “lanciato una sfida agli allievi del 2° anno di corso di laurea in Infermieristica utilizzando la “Didattica per scenari”, proposta dall’Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca (INDIRE) (3).
È nato un percorso di progettazione e realizzazione del video denominato: “Il dolore che unisce” (4), proiettato in occasione della presentazione del 5° DVD della collana “Terapia del dolore un diritto/dovere per tutti” (5).
Attraverso la voce di professionisti sanitari e di cittadini, il video propone una visione del dolore ampia e includente; tre le domande poste agli intervistati: 1) cos’è il dolore?; 2) quando hai provato dolore?; 3) chi ti ha aiutato?
Volendo sintetizzare quanto emerge dal video possiamo sottolineare che spesso il dolore è descritto non solo come una sofferenza fisica ma anche interna: si prova rabbia, disperazione, paura, tristezza. Il dolore sembra “rubare” spazi di vita quotidiani e invadere il tempo: una lotta che annienta corpo e anima, ma anche momento di crescita personale o di rafforzamento della propria motivazione per chiedere aiuto alle persone che ci circondano; siano esse sanitari, parenti o conoscenti.
Gli studenti descrivono quest’esperienza “dietro la telecamera” come “un viaggio” con chi il dolore l’ha vissuto, l’ha curato, l’ha odiato, l’ha accettato. Per alcuni la telecamera è stato uno strumento che ha permesso loro di “prendere temporaneamente le distanze” da un evento che ben conoscono nelle realtà del tirocinio. Questa “sospensione” ha fornito una nuova chiave di lettura: il dolore, può essere momento di trasformazione e di apertura verso nuove strade e incontri
Natoli scrive: “L’esperienza attraversata rende la propria mente più aperta ai perché, ai misteri, ai come mai perché quando il dolore non produce distruzione, accresce certamente la percezione. Qualunque sia la sua origine e in qualunque modo sia vissuto, rompe il ritmo abituale dell’esistenza, produce quella discontinuità sufficiente per gettare nuova luce sulle cose e essere insieme patimento e rivelazione”(6).
Bibliografia
1. Cittadinanzattiva Onlus. Guida IN-DOLORE, 2012.
2. www.ausl.vda.it/datapage.asp?id=1672
3. www.indire.it/progetto/avanguardie-educative/
4. www.facebook.com/INFERMIERISTICACLIAO/videos/1545766772396643/
5. www.licd.org
6. Natoli S. L’esperienza del dolore. Milano: Feltrinelli, 2002.