Ė stata celebrata recentemente la Giornata Nazionale del Sollievo. Si tratta di un’importante iniziativa volta a sensibilizzare la popolazione al trattamento del dolore cronico ed a combattere alcuni dei pregiudizi più diffusi relativi a all’impiego dei farmaci oppiacei. Esiste tuttavia una forma di dolore che è ancora inspiegabilmente trascurata dalle maggiori campagne informative: il dolore causato al bambino dalle procedure invasive minori, come ad esempio il prelievo ematico e l’incannulamento venoso, l’iniezione intramuscolare, la medicazione di piccole ferite o ustioni.
Nel bambino il trattamento di questo tipo di dolore è particolarmente importante. La letteratura scientifica ha ormai dimostrato ampiamente gli effetti negativi che il dolore da procedura ha sul piccolo paziente; infatti, seppur di breve durata, il dolore da procedura è caratterizzato oltre che dalla nocicezione in senso stretto anche da altissimi livelli di ansia e paura, elementi che nel bambino innescano un meccanismo di potenziamento della sensibilità dolorosa stessa, la quale è dunque aumentata rispetto all’adulto, rendendo l’esperienza dolore estremamente traumatica.
Il risultato di una gestione inefficace del dolore da procedura è rappresentato da un aumento dell’oppositività del bambino e della sua ansia anticipatoria, fino all’aumento stabile della percezione dolorosa se la procedura è ripetuta più volte, come accade ad esempio nei bambini affetti da patologia cronica. Inoltre, il dolore da procedura ripetuto e non trattato può determinare nel bambino regressione e l’insorgere di sensi di colpa, oltre che un ritardo nel processo di guarigione. Nel neonato, poi, la mancata gestione del dolore da procedura ha conseguenze molto gravi: è infatti associata ad un aumento di increzione degli ormoni dello stress, ad instabilità dei parametri vitali e ad aumento della mortalità. Un fatto è certo: il bambino ha diritto a non provare MAI dolore e questo diritto è sancito dalle diverse “carte dei diritti del bambino malato” tanto note quanto poco applicate. E la letteratura scientifica dimostra che il dolore da procedura può essere facilmente abolito mediante l’uso sia di tecniche farmacologiche che di tecniche non farmacologiche, le quali devono essere sempre usate in combinazione per dispiegare a pieno la loro efficacia.
Le tecniche non farmacologiche sono spesso a costo zero e consistono in sistemi di distrazione e desensibilizzazione che aiutano il bambino a non focalizzare la sua attenzione sullo stimolo doloroso. Esse sono largamente utilizzate dagli Infermieri pediatrici e richiedono solo un semplice addestramento.
Le tecniche farmacologiche invece, prevedono l’impiego di farmaci analgesici locali e gas sedo-analgesici, sicuri e di provata efficacia e usati in tutto il mondo. O forse sarebbe meglio dire: in tutto il mondo, tranne che in Italia. Infatti questo è il problema su cui vorremmo attirare l’attenzione dei media nonostante la grande enfasi che viene periodicamente messa sul contenimento del dolore, i farmaci contro il dolore da procedura nei bambini autorizzati all’uso in Italia sono pochissimi e con importanti limiti per l’uso da parte degli infermieri.
Per quanto riguarda gli analgesici locali, in Italia è usata soltanto una crema che, pur essendo efficace nel ridurre il dolore da procedura, richiede ben 45 minuti per fare effetto e soprattutto causa una importante vasocostrizione che talora impedisce il reperimento della vena. Il risultato è che viene usata pochissimo, come è dimostrato da vari studi italiani. Eppure, fuori d’Italia sono disponibili molti altri farmaci egualmente efficaci, ma molto più rapidi e senza l’effetto secondario (ma decisivo per il buon successo della procedura) della vasocostrizione: creme analgesiche efficaci in 30 minuti, cerotti transdermici efficaci in 10 minuti senza vasocostrizione, polveri transdermiche efficaci in 1-3 minuti senza vasocostrizione. Sono farmaci che non hanno i difetti dell’unico farmaco disponibile e che renderebbero più facile e immediata e quindi più diffusa l’eliminazione del dolore da procedura nei bambini. La nostra domanda quindi è: perchè in Italia questi farmaci che tolgono il dolore da procedura nei bambini non sono disponibili? Quali ostacoli burocratici impediscono agli infermieri pediatrici italiani di usare strumenti così efficaci, di cui invece dispongono i loro colleghi europei? Un’altra opzione largamente utilizzata in tutto il mondo per il dolore da procedura è il protossido di azoto premiscelato al 50% con ossigeno. Si tratta del cosiddetto “gas esilarante” ad una concentrazione fissa e non modificabile del 50%: a tale concentrazione il gas provoca un’ottima analgesia, ansiolisi e sedazione senza perdita di coscienza. Con semplici precauzioni d’uso esso è sicuro e viene infatti largamente usato in piena autonomia dagli infermieri in molte nazioni d’Europa per le procedure invasive minori come la venipuntura. In Italia, invece, la normativa classifica il protossido d’azoto come gas anestetico (infatti a percentuali superiori al 70% provoca anestesia generale e narcosi) e quindi richiede che la somministrazione venga effettuata esclusivamente da medici specialisti in anestesiologia o in loro presenza. Nonostante che il protossido d’azoto premiscelato sia commercializzato in Italia, è ovvio che questa regola ne limita drasticamente l’uso, di fatto impedendolo proprio in quelle circostanze in cui sarebbe così frequentemente necessario. Anche in questo caso ci chiediamo: perchè in Italia non possono essere usati dagli Infermieri pediatrici gli stessi farmaci contro il dolore che invece essi possono usare in autonomia, ad esempio, nella vicina Francia? Quali ostacoli burocratici o politici impediscono all’Italia di adeguarsi agli standard europei nella lotta al dolore da procedura del bambino? Le difficoltà finora descritte fanno sì che, sebbene sia riconosciuto il diritto del bambino a non provare dolore, questo diritto sia raramente rispettato al di fuori di quei casi in cui il bambino è completamente addormentato (come nel caso degli interventi chirurgici). Gli Infermieri pediatrici italiani, aderenti alla SISIP, chiedono pertanto che, al fine di restituire credibilità ai progetti di lotta al dolore pediatrico, venga permesso loro di gestire appropriatamente il dolore da procedura nei bambini fornendo loro i presidi necessari ed eliminando gli ostacoli di tipo burocratico. Soltanto in questo modo sarà possibile offrire su vasta scala cure atraumatiche ad altezza delle esigenze e dei bisogni del bambino!
Filippo Festini
Presidente della SISIP
(Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche)
www.sisip.it
(il testo è apparso anche come editoriale su Children’s Nurses-Italian Journal
of Pediatric Nursing Science. 2012; 4 (2): 39-40, ndr)
Link utili per approndimenti
www.sisip.it
www.rcn.org.uk/development/practice/clinicalguidelines/pain
www.pediadol.org/-Douleur-des-soins-.html