Per quelli che, come me, hanno combattuto per far crescere il concetto di Medicina del Dolore, ciò che accade negli USA ha sempre dell’incredibile. Domenica 5 febbraio c’è stata la “prima” di “American Pain”, un documentario dedicato a quanto non avremmo mai voluto vedere; a quanto spiega, senza alcun dubbio, una parte della “crisi degli oppioidi” che gli USA hanno sperimentato.
“Folle di persone si aggirano fuori dalla clinica American Pain a Boca Raton, in Florida, in attesa del loro turno. All’interno, un medico li saluta uno per uno e prescrive loro antidolorifici, con una pistola che fa capolino da sotto il camice bianco.” Inizia così un lunghissimo articolo di Faith Karimi (CNN) che riporta un fatto di cronaca inerente a due gemelli Americani, con uno spirito fortemente imprenditoriale. Secondo il FBI avevano messo su un business basato su quattro “Pain Clinics” nelle quali si distribuivano analgesici oppioidi, e forse non solo.
Alcuni degli interessanti aneddoti riguardanti il business
- “Le casse delle cliniche erano troppo piccole per contenere l’enorme flusso di danaro che entrava. Quindi, gli addetti insaccavano i dollari in grossi sacchi della spazzatura.”
- “Secondo un agente dell’FBI, una delle cliniche inviava le persone senza risonanza magnetica a una struttura dietro uno strip club, dove potevano fare lap-dance in attesa di nuove scansioni radiologiche fatte da finti radiologi. I due “imprenditori” ritenevano che l’imaging aiutasse a rendere il loro processo di prescrizione più autentico”.
- “Volevo che i miei medici fossero i migliori medici prescrittori del paese”, dice uno dei due gemelli agli autori del documentario, in un’intervista dal carcere. “Per me, era il principale obiettivo.”
- Sempre uno dei due si vanta nel film che la clinica American Pain da sola ha incassato profitti per 40 milioni di dollari. American Pain ha prescritto 18 milioni di unità di ossicodone, classificandosi tra i primi nove acquirenti di ossicodone nella nazione, secondo i documenti del tribunale.
Inutile dire di quante sospettate morti per overdose siano accusati i due. Evito di continuare questa obbrobriosa descrizione di quanto non avremmo mai voluto sentire. Una realtà che offende chi ha creduto e fortemente continua a credere nel sacrosanto “diritto dei malati a non soffrire”. Per questo ci siamo battuti e ci batteremo ancora, cercando di mettere sotto i riflettori e poi lateralizzare i “distributori di pillole”, come vengono opportunamente chiamati negli USA coloro che distribuiscono analgesici oppioidi senza criterio e senza una logica clinica e una etica che faccia intravvedere il profondo rispetto che ogni medico dovrebbe avere per i malati.
Certo, la cronaca descrive le attività portate avanti da due “imprenditori della salute”. Ma essi non avrebbero potuto agire senza il supporto di medici abilitati all’esercizio della professione. Di loro si parla meno ma senza dubbio hanno avuto delle responsabilità enormi. Per questo, sono grato e sarò sempre grato agli innumerevoli Colleghi che con me condividono gli obiettivi di una cura etica, professionale e razionale del dolore, e alle strutture scientifiche e assistenziali che basano la cura dei malati, soprattutto dei fragili e sofferenti, su principi di etica e di evidenze scientifiche che siano invalicabili.
Giustino Varrassi
Presidente Fondazione Paolo Procacci