INTRODUZIONE
Recentemente la qualità della vita (QoL) è stata identificata come il principale parametro di percezione del benessere globale dell’individuo, comprendendo differenti aree funzionali, da quelle fisiche a quelle psichiche. Ciò è particolarmente vero in medicina del dolore. I due concetti di QoL e dolore sono entrambi multidimensionali, con mutue relazioni per ciò che concerne la condizione esistenziale dell’individuo (1). La QoL è divenuta un’entità nosografica che identifica lo stato complessivo di benessere degli individui nell’ambito medico, anche se la sua caratterizzazione deriva da studi di economia, di sociologia, di politologia. Il concetto di QoL si è ulteriormente contaminato in seguito allo sviluppo delle scienze psicologiche, focalizzandosi sul tema della guarigione, intesa non solo come percentuale di recupero dalla malattia, ma soprattutto come modificazione dello stile di vita, quindi delle funzioni psico-sociali degli individui coinvolti. In quest’ottica, è immediato e diretto il paragone con il modello bio-psico-sociale che ha definito modernamente il dolore, inteso come malattia a sé stante. In particolare, nel dolore da cancro, ma più in generale in tutte le problematiche dolorose, il miglioramento della QoL diviene la ragione stessa delle cure, diviene il principale obiettivo da perseguire e raggiungere. È ormai largamente riconosciuto che per ottenere un miglioramento oggettivabile del dolore, è necessario agire sui fattori psichici, quali i disturbi ansioso-depressivi, sulle funzioni sociali, quali le relazioni familiari e ludico-ricreative, i rapporti economico-lavorativi, le aspirazioni, tenendo presente l’estrazione culturale, religiosa ed etnica degli individui. In altre parole, la centralità della cura si è spostata dalla “semplice” cura della malattia, al miglioramento della QoL dei pazienti, nella loro complessità bio-psico-sociale (2). Una parte di questo cambiamento si è riflessa nella maggiore esigenza di umanizzazione delle cure mediche. In particolare, in medicina del dolore, si è cercata una maggiore empatia nella relazione medico-paziente, si sono istituite le reti assistenziali territoriali, sono state rafforzate e create strutture dedicate, quali hospice o reparti di medicina del dolore, infine, si è cercato di sensibilizzare i medici di famiglia a queste tematiche.
In ultima analisi, la lotta al dolore cronico, ancor di più quello da cancro, si concretizza nella “presa in carico”, nell’assitenza globale, nell’accompagnare i pazienti nel loro percorso di malattia e di vita. È evidente, da queste premesse, che occuparsi di dolore attualmente vuol dire occuparsi degli elementi che delineano l’ambito medico della QoL (3).
DEFINIZIONE
Il concetto di QoL entra solo recentemente nel mondo della medicina, tanto che solo alla fine degli anni ‘80 è stato incluso tra i medical subject headings (MeSH) della National Library of Medicine degli USA. Questo riconoscimento ha di fatto rappresentato un passaggio cruciale per il riconoscimento del concetto di QoL ed è stato il risultato di un accresciuto e significativo interesse intorno all’argomento tra clinici e ricercatori. Dal 1966 al 1974 il termine qualità di vita è stato usato solo in 40 lavori scientifici, mentre, negli anni Novanta, questo termine è stato impiegato in ben oltre 10.000 articoli specialistici. Nel 1991 la OMS ha definito la qualità di vita come: “la percezione soggettiva che un individuo ha della propria condizione di vita, nel contesto dei vari elementi culturali e dell’insieme dei valori secondo i quali vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni. È un concetto, la QoL, di ampia portata che riguarda il complesso dalla integrità fisica della persona, del suo stato psicologico, del suo livello di indipendenza, delle sue relazioni sociali e delle relazioni interpersonali mediate dalle caratteristiche dell’ambiente circostante”.
In base a questa definizione la prima e immediata considerazione di ordine clinico e algologico è che un fenomeno complesso e individuale come il dolore è in stretta interdipendenza con le stesse aree bio-psicologiche della QoL. Infatti, anche gli aspetti neuro-funzionali del dolore, centrali e periferici, riconoscono un’origine comune con le dimensioni psico-affettive e cognitive che motivano la QoL. In ragione di ciò, si può osservare come il dolore, in fondo, non sia altro che una funzione primordiale protettiva che diviene patologia nell’individuo quando assume i connotati specifici non solo di evento dis-nocicettoriale, ma anche di costrutto emozionale negativo, di sofferenza. In tal modo, il dolore riesce a occupare, interamente o quasi, tutti i campi della coscienza, influenzando negativamente le dimensioni di benessere fisico e socio-relazionale degli individui. I domini della QoL, principalmente inficiati dal dolore sono la capacità relazionale, l’efficienza fisica, la capacità lavorativa e quindi la sicurezza economica, l’espletamento delle normali attività quotidiane, domestiche e ricreative, la stabilità dell’umore, la conservazione del sonno, dell’appetito, della sicurezza affettiva, dell’attività sessuale, la dipendenza dai farmaci (Fig. 1) (4).
CHE COSA SI OSSERVA CON LO STUDIO DELLA QOL
Le misure generali che rientrano nella definizione della QoL sono:
1) Area del benessere fisico, inteso come conservazione di funzioni fisiologiche fondamentali, quali appetito, alvo, ciclo sonno-veglia, sessualità, efficienza fisica o senso di prostrazione e affaticamento, per esempio, in seguito a interventi di tipo farmacologico o chirurgico.
2) Area del benessere psichico, inteso come conservazione di funzioni quali la soddisfazione per la propria vita personale, la capacità ricreativa, l’auto-stima, la consapevolezza di sé, il locus of control interiore; l’insorgenza di stato depresso o ansioso.
3) Area del benessere sociale e interpersonale, inteso come conservazione di funzioni quali le capacità relazionali con i familiari, oppure con gli amici e i conoscenti, le attività sociali.
4) Area del benessere materiale, inteso come conservazione di funzioni quali la capacità lavorativa, la sicurezza economica, l’evoluzione della carriera, affrontare le difficoltà logistiche e le necessità materiali.
Le dimensioni bio-psico-cognitive che sono insite nella definizione di QoL e che si ritrovano anche nell’elaborazione e nella fenomenologia dolorosa, sono:
- una dimensione sensoriale-discriminativa che è parte essenziale del processo informativo, nocicettoriale e che ha specifiche caratteristiche spaziali, temporali e trasmettitoriali;
- una dimensione affettiva che entra a far parte della relazione psico-motivazionale ed emozionale propria del mondo del paziente affetto;
- una dimensione cognitivo-comportamentale che è rappresentata dalle influenze che l’esperienza dolorosa può determinare nella sfera personale, culturale e sociale degli individui.
DOLORE E QUALITÀ DI VITA
Le premesse fatte fin qui permettono di concludere che lo studio della QoL ha acquistato una importanza cruciale nello studio e nel trattamento del dolore. Si è partiti dal fatto che dolore e QoL sono entrambi aspetti multidimensionali, tra di loro strettamente correlati, si è giunti alla determinazione delle numerose aree di over-lapping tra le due concettualizzazioni (2).
In accordo con il modello bio-psico-sociale, infatti, il dolore è una condizione influenzata da una serie di fattori di ordine psicologico (disturbi dell’umore) e sociali (relazione col partner e con i membri della famiglia) e rappresenta, quindi, più di un semplice indicatore di funzioni biologiche (severità della malattia, comorbidità multiple). Lo sviluppo di questo modello ha incoraggiato i medici a spostare la loro attenzione dalla malattia, in quanto tale, al singolo paziente, in tutta la sua complessità biopsicologica, comprendendo nell’intento curativo il perseguimento di un’ottimale QoL (3).
La qualità di vita diviene parte integrante di una visione olistica del paziente con dolore. Il modo in cui il paziente manifesta e rappresenta il dolore sarà determinante rispetto a come percepirà la propria qualità di vita. Questo perché la qualità di vita correla direttamente con l’abilità individuale a contrastare le situazioni stressanti (coping ability). In particolare, nei pazienti con dolore, l’idea e la convinzione di poter controllare gli esiti correlati alla patologia, definisce la capacità reattiva del singolo di fronte alla sofferenza. Senza questa consapevolezza il paziente ha la percezione che la sua salute, e quindi, in ultima analisi, la sua QoL, sia compromessa, soprattutto quando la capacità di reazione allo stress è governata più dalle istintualità, che dalla ragione. In poche parole, il grado di self efficacy e di coping ability modula la percezione degli aspetti fisici e psicologici della QoL di fronte al dolore.
La QoL dipende anche dal supporto sociale e dalla capacità di adattamento raggiunta, è inoltre strettamente correlata con l’età, con le comorbidità psichiatriche (soprattutto di natura ansioso-depressiva) e con la severità della malattia.
I pazienti che continuano a pensare a se stessi come ad individui capaci di affrontare la vita quotidiana, in grado di prendere parte alle attività lavorative, di sfruttare il proprio tempo libero e di prendere parte in maniera attiva al processo decisionale, volto al trattamento della malattia, sono maggiormente in grado di contrastare la condizione dolorosa, anche se non curabile, rispetto a coloro che invece si sentono semplicemente sofferenti. In altre parole, l’esperienza di dolore di un individuo, il significato che ad essa viene attribuito, come gli eventi che ne conseguono, sono influenzati dal proprio livello di adattamento alla condizione patologica e dalla propria personalità.
La qualità di vita è un complesso concetto multidimensionale che, essendo in relazione con la funzione psicologico-emozionale del paziente, a livello di indipendenza personale, di relazione sociale, rispetto alla percezione del proprio stato di salute e all’interazione con l’ambiente circostante, è in grado di completare la visione classica, monodimensionale, dell’approccio clinico al dolore, trasformandolo in una valutazione più ampia dell’individuo come “complesso” e “unicuum”, allo stesso tempo.
LE RELAZIONI SCIENTIFICHE TRA DOLORE E QUALITÀ DI VITA
A prescindere dalle cause che determinano il dolore e i meccanismi che sottendono alla sua persistenza, molti aspetti del dolore cronico possono indurre i pazienti ad abbandonare il loro stile di vita precedente. I fattori più importanti, in questo senso, sono l’estensione fisica e temporale del dolore, l’intensità, le acuzie, l’affettività e il substrato caratteriale dell’individuo colpito (5).
Infatti i risultati di uno studio che ha messo in relazione i punteggi della qualità di vita di pazienti con dolore acuto (di durata non superiore ad un mese) con quelli di pazienti con dolore di durata compresa tra i 2 e 12 mesi, raffrontandoli infine, con pazienti con dolore di durata superiore ai 12 mesi o più, hanno dimostrato che con il prolungarsi del periodo di sofferenza peggiorava la qualità di vita (4). Altro problema chiave, da affrontare spesso in medicina del dolore, è come l’impatto della QoL sia legata alla compromissione di funzioni individuali, come il ciclo sonno-veglia, l’umore, l’appetito, la deambulazione e la funzione sessuale. I pazienti con dolore cronico hanno mostrato di soffrire di umore alterno, disturbi del sonno e principalmente di limitazione delle capacità motorie, nei disturbi poli-articolari cronici (6). Inoltre, mutano le condizioni dei rapporti sociali e familiari, si verificano cambiamenti di ruolo e di interessi nella vita dei pazienti, sia in ambito familiare che lavorativo. L’effetto disastroso del dolore sulla qualità di vita è stato dimostrato per quasi ogni tipo di dolore, incluso il dolore neuropatico (7), il dolore cronico non oncologico, specialmente quello associato a patologie muscolo-scheletriche, ancor di più nel dolore da cancro (8). È ampiamente accettato, inoltre, che solamente la valutazione di numerose dimensioni dell’individuo, direttamente connesse con il dolore, possano esitare in una disamina completa della qualità di vita, conseguentemente dell’umore e delle altre funzioni fondamentali, che sono alla base della vita dei pazienti affetti da queste difficili condizioni (9).
Questo è confermato dall’evidenza che i pazienti con dolore cronico, così come detto, soffrono di disturbi dell’umore, disturbi del sonno, della funzione motoria (10) e dall’innegabile dato di fatto che la riduzione della qualità di vita è la somma di questi elementi. Nel paziente con artrite reumatoide, per esempio, la QoL è inficiata da numerosi fattori, quali la disabilità, la severità del dolore e la perdita della sicurezza familiare, sociale ed economica (11).
La QoL cambia i suoi costrutti e si modula anche in base alle differenti età, con una capacità reattiva al dolore e alla sofferenza che muta profondamente, qualitativamente e quantitativamente, nel corso della vita (12). Pazienti anziani che riferiscono dolore, a causa delle notevoli limitazioni funzionali, vengono messi in relazione con un basso livello di QoL, che diviene obiettivo essenziale da perseguire, per una corretta gestione terapeutica, in questa particolare categoria di sofferenti (13). La lombalgia, non cancro-correlata, è una condizione molto comune di dolore cronico che può avere effetti anche deleteri sulla qualità di vita dei pazienti (14).
Il problema si è recentemente evidenziato anche in età scolare e pediatrica, così come risulta, dal discomfort psicologico associato alla ridotta capacità di frequentare i corsi di studio e avere relazioni sociali e familiari adeguate (15).
L’associazione diretta ed esplicita, che esiste tra dolore e qualità di vita, sembrerebbe sottolineare l’importanza di trattare e contrastare efficacemente il dolore, farmacologicamente e non-farmacologicamente, al fine di ottenere precocemente il recupero delle funzioni psico-socio-economiche, fondamentali, per qualsiasi individuo. Nonostante l’evidenza scientifica mostri la disponibilità e l’efficacia di numerosi trattamenti antalgici, il dolore è spesso sottostimato, non trattato e/o poco controllato (11).
Il dolore poco controllato necessariamente diviene responsabile di una proporzionale riduzione della QoL: una adeguata terapia antalgica, anche con analgesici centrali, mira, invece, a ridurre il dolore e ad incidere positivamente sulla QoL (16).
Le ricerche in questo campo di interesse hanno dimostrato che gli effetti del dolore sulla QoL possono essere sindrome-specifici. Su tale evidenza sono stati formulati e validati numerosi strumenti di indagine, valutazione e stima della QoL nei vari ambiti di ricerca clinica (17).
Tale specifico approccio ha permesso di svelare che, per esempio, il livello della disabilità è direttamente correlabile con le varie tipologie di sindromi dolorose croniche articolari e a sua volta può essere un fattore determinante e incidente sulla QoL a seconda della severità della forma (18,19).
Un motivo per cui gli effetti del dolore sulla QoL sembrerebbero sindrome-specifici è anche legato alle differenti capacità reattive al dolore, nonché alle ansie che la malattia insinua. In pazienti con frequenti accessi dolorosi, molto severi (ancor peggio se accompagnati a grave disabilità) si evidenzia una riduzione della QoL e perfino i periodi senza dolore sono vissuti in maniera problematica e negativa. Poiché è costante la sensazione di paura per il manifestarsi del successivo episodio doloroso. In questi casi, ancora di più, il trattamento del dolore deve essere mirato e specifico, impiegando farmaci di nuova formulazione e di immediata efficacia che contrastino gli episodi algici e il deterioramento della QoL (20).
Allo stesso modo, i pazienti risentono meno dell’impatto delle cure e delle prescrizioni farmacologiche quando queste siano appropriate, non-invasive e abbiano un elevato profilo di efficacia e sicurezza. Ciò è particolarmente vero per varie classi di farmaci impiegate in vantaggiose formulazioni a lento rilascio, che sfruttino la via transdermica e che risultino applicabili a tutti i tipi di condizioni dolorose (22,23).
Un altro fattore fondamentale è il significato e l’importanza che il dolore assume per i diversi pazienti. Queste caratteristiche del dolore possono variare molto in base alla tipologia della malattia causale o del background culturale del paziente. In uno studio, pazienti con differenti localizzazioni del dolore e con differenti livelli di dolore mostravano livelli di QoL molto ridotti, indipendentemente dall’intensità algica oggettivabile, perché le loro barriere educazionali e culturali divenivano l’elemento discriminativo principale che determinava la capacità di contrastare il dolore (24).
In malattie come l’HIV e il cancro, per esempio, in cui il dolore può segnalare la progressione della malattia, la sua presenza può generare paura e, pertanto, influenzare sostanzialmente la qualità di vita dei pazienti nei domini essenziali quali lo stato dell’umore, l’attività fisica e le relazioni sociali (25).
L’IMPORTANZA DI VALUTARE LA QUALITÀ DEI VITA NEL DOLORE CRONICO
Nel dolore cronico il benessere del paziente è un obiettivo che in molti casi può essere raggiunto solo ottimizzando la QoL. Questo è certamente l’obiettivo ultimo e peculiare delle cure palliative che devono essere garantite ai pazienti terminali. La QoL potrebbe essere considerata un obiettivo cruciale anche per valutare gli effetti delle terapie e i benefici che, da esse, ottengono i pazienti (26).
Come mostrato in Figura 1, l’influenza del dolore su molte aree del benessere individuale ha un impatto globale sulla QoL. Un’ampia letteratura sperimentale sul dolore nell’uomo ha identificato alcune variabili che interagiscono con l’esperienza di dolore: età (molti studi mostrano un aumento progressivo della soglia del dolore con l’aumento dell’età), sesso (nelle donne prevale più che negli uomini per ragioni di natura culturale), personalità (nevrosi ed estroversione sono strettamente associate con la percezione del dolore) e psicopatologie (ansietà e depressione svolgono un ruolo importante nella percezione del dolore) (27).
Gli stessi elementi che sono direttamente coinvolti nella definizione clinica e nell’ottenimento di una buona QoL con i trattamenti antalgici.
CONCLUSIONI
Il quesito posto in apertura di questo breve excursus sui significati e le applicazioni cliniche della QoL esorta a porsi un dubbio, in effetti, fugato dalle evidenze scentifiche. L’ormai irrinunciabile cura del dolore negli ultimi anni è andata di pari passo con l’innalzamento di un livello culturale complessivo che ha riguardato anche una attribuzione di crescente importanza alla QoL. Nel passato l’esigenza di prolungare la vita, più che di migliorarla, è stata considerata la priorità essenziale. Estremamente più importante del bisogno di curare sistematicamente il dolore acuto o cronico. Oltre a ciò si sono trascurati a lungo anche gli aspetti strettamente intercorrenti tra dolore e QoL: psicologici, relazionali e comportamentali. Sebbene le ricerche più attuali mostrino che i pazienti con dolore non debbano semplicemente arrendersi alla loro condizione di sofferenza e quindi vedere ridotta la propria qualità di vita, ancora non si è riusciti ad ottenere una cura condivisa e globale del dolore in ogni ambito della medicina. Il che, in termini di QoL, vuol dire che essa non è sempre di elevato livello e prioritaria nel corso delle cure antalgiche. Bisognerebbe tenere presente che con l’aiuto di interventi psicologici mirati, infatti, si possono raggiungere buoni livelli di adattamento e di controllo del dolore, ottenendo un migliore stile di vita e ottimi risultati dal punto di vista clinico-terapeutico (28).
L’adattamento degli individui agli stati patologici, inoltre, non è un processo indipendente dalle cure ricevute e dall’ambiente circostante. La reattività psichica, intesa come costrutto di resilienza, deve essere accresciuta, nel tempo, mediante lo sviluppo di una sinergia produttiva tra le capacità individuali del paziente (coping skills, senso di capacità individuale, personalità) e l’ambiente sociale e assistenziale che lo circonda. Elementi essenziali saranno la predisposizione dei medici e degli infermieri, il sostegno ai familiari da parte dello stato sociale e delle istituzioni, le adeguate terapie, messe in atto precocemente e incisivamente (29).
Questo processo, specialmente per i pazienti con dolore da cancro, può divenire imprescindibile da qualsiasi terapia, restituendo una qualità di vita agli individui affetti, comparabile con quella degli individui non malati della stessa età (30).
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