Negli ultimi dieci anni sono aumentati i lavori che hanno messo in evidenza una significativa correlazione fra i livelli sierici di vitamina D (vit.D) ed il dolore cronico (DC) (1) ipotizzando che la supplementazione di vit.D possa essere in grado di contribuire al trattamento di molteplici condizioni cliniche caratterizzate da DC. (2) Questa ipotesi muove dall’evidenza di una alta prevalenza di ipovitaminosi D in pazienti con DC muscoloscheletrico non-specifico, con cefalea, e con sindrome da fatica cronica (3).
I livelli desiderabili di vit.D sono compresi fra 30 e 100 ng/ml, mentre si individuano: uno stato carenziale, per valori inferiori a 10; una insufficienza, con valori compresi fra 10 e 30 ed una tossicità per valori superiori a 100.
E’ a tutti noto il metabolismo della vit.D (4), mentre deve essere sottolineato che, in assenza di insufficienza renale [dove il metabolita necessario è quello attivato, ossia il calcitriolo], il metabolita suggerito è rappresentato dal calcifediolo.
Gli studi valutati (1) sono stati realizzati in doppio cieco in pazienti randomizzati ed affetti da DC di qualsiasi origine – ma soprattutto con DC muscoloscheletrico – ed hanno comparato la supplementazione di vit.D contro placebo. Gli obiettivi primari erano rappresentati dalla riduzione del DC di almeno il 50%, dall’impressione globale di un miglioramento dello stato generale di salute da “molto” ad “eccellente”, mentre gli obiettivi secondari erano rappresentati dal controllo e dalla rilevazione di eventuali eventi avversi e dal numero di abbandoni della terapia suppletiva.
I dati più significativi, rilevati dall’analisi degli studi, possono essere riassunti nei seguenti: riduzione del consumo di anti-infiammatori non-steroidei in pazienti con artrite reumatoide; non variazioni nel fabbisogno di glucocorticoidi in pazienti con polimialgia reumatica; riduzione del dolore con differenti scale di valutazione del dolore in pazienti con DC muscoloscheletrico; assenza di differenze nei confronti con placebo.
Queste rilevazioni sostanzialmente dicotomiche fra di loro [studi che confermano il beneficio della supplementazione di vit.D e studi che non rilevano differenze rispetto al placebo] potrebbero essere causate dalla scarsa numerosità delle popolazioni di pazienti studiati (mai superiori alle 200 unità) e dalle diverse formulazioni di vit.D utilizzate, nonché dalla difficoltà oggettiva di studiare condizioni cliniche caratterizzate da patogenesi estremamente diverse fra di loro: malattie autoimmuni, quali l’artrite reumatoide; e malattie da carenza di glucocorticoidi (quale la polimialgia reumatica), rispetto a malattie sostanzialmente degenerative, quali quelle rappresentate dal DC muscoloscheletrico inteso in senso lato.
Sono dunque necessari ulteriori studi, condotti su popolazioni omogenee e sicuramente più numerose, soprattutto con l’impiego dello stesso metabolita (torna il suggerimento dell’impiego del calcifediolo in assenza di insufficienza renale) allo scopo di definire l’importanza e l’utilità della supplementazione di una vitamina fondamentale, quale la vit.D, nel corredo terapeutico di molteplici condizioni cliniche caratterizzate da dolore cronico.
Stefano Coaccioli
Editor in chief
Riferimenti bibliografici
1. Straube S. et al. Vitamin D for the treatment of chronic painful conditions in adults. Cochrane Database Syst. Rev. doi:10.1002/14651858.CD007771.pub2
2. Kragstrup TW. Vitamin D supplementation for patients with chronic pain. Scand J Primary Health Care 2011;29:4-5
3. Straube S. et al. Vitamin D and chronic pain. Pain 2009;141:10-3
4. Feldman D. et al. Vitamin D. Academic Press 1997.